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Vendée Globe: l’arrivo di Giancarlo Pedote, 22esimo a Les Sables

Il video dell’arrivo:

Les Sables d’Olonne– Giancarlo Pedote ha concluso il suo secondo Vendée Globe in 22esima posizione. Pedote con Prysmian è il primo skipper italiano a completare due Vendée Globe.

 

Prysmian ha tagliato la linea d’arrivo fuori Les Sables oggi alle 9:34, concludendo in 85 giorni 20 ore 32 minuti 01 secondi, un tempo di cinque giorni superiore a quanto impiegato nel 2020-21 e 21 giorni dopo il vincitore di questa edizione da record Charlie Dalin. Nel suo primo giro del mondo, Pedote aveva concluso all’ottavo posto in poco meno di 81 giorni a sole 19 ore dal vincitore.

Tra la notte e l’alba di oggi erano arrivati Isabelle Josckhe (19esima), il veterano Jean Le Cam (20esimo) che conclude il suo quinto Vendée Globe e Conrad Colman (21esimo con il suo Imoca MS Anlin invelato OneSails).

In conferenza stampa abbiamo chiesto a Giancarlo Pedote come considera il suo 22esimo posto e se la strategia di preservare la barca abbia pagato sportivamente:

“Certo come sportivo è difficile accettare un 22esimo come risultato. Credo però che non si possa ridurre una regata come il Vendée Globe a un solo numero. Ci sono state moltissime cose che hanno cambiato la mia strategia. L’avaria a uno dei timoni ha pesato molto. La scelta alle Canarie, quando ero in testa e ho scrlto di fare sud senza guadagnare abbastanza ovest e restare con la flotta ha poi pesato moltissimo e il gap creato è stato enorme e fino a Capo Horn non c’è stata la possibilità di recuperare.

Sono soddisfatto delle modifiche fatte alla barca e in diverse tratte è stata molto veloce. Nella risalita dell’Atlantico ho seguito con Isabelle Josckhe un’opzione ovest che tutti i modelli davano ma non ci ha pagato. Va così, non posso dire di essere sportivamente soddisfatto ma lo sono dal punto di vista umano e marinaresco. Ho fatto tutto quanto era possibile e devo accettarlo”.

Barba lunga, capelli imbiancati, Giancarlo Pedote arriva in conferenza stampa evidentemente stanco per il Vendée appena concluso. 85 giorni di mare lo hanno separato dall’abbraccio della famiglia, con cui subito si riunisce appena dopo essersi sdraiato sulla prua del suo Imoca una volta tagliata la linea d’arrivo al largo di Les Sables.
“Ci sono stati momenti in cui ho dovuto lavorare per 14 ore consecutive per riparare avarie, prima una vela che sapevo mi sarebbe servita poi il timone. Praticamente non mangiavo né riposavo, ma andava fatto”.

Con il suo secondo Vendée, Pedote ha conquistato ancora una volta il pubblico generalista che lo ha seguito con affetto sui social. Per la parte sportiva, d’altra parte, occorre notare come la consueta strategia prudente e conservativa dello skipper fiorentino mal si adatta ormai all’evoluzione degli Imoca foiling e dello stesso Vendée Globe, ormai soprattutto una splendida regata dove tutti tirano come dannati.

Con i primi dieci classificati tutti con barche foiling varate dopo il 2020 era impensabile ottenere un piazzamento nei primi dieci. Dopo l’Equatore Pedote ha avuto a portata di mano un 15esimo posto che sarebbe stato di gran pregio, ma non è andata. Il 22esimo finale, dietro anche a tre Imoca senza foil, non lo soddisfa. Resta la storia umana e marinaresca, che Pedote ha saputo raccontare al meglio.

”Non posso adesso dire cosa farò”, ha concluso lo skipper di Prysmian, “Prima devo e voglio riabbracciare la mia famiglia e trascorrere del tempo con loro. Ci penserò con calma”.

Doppiato il Capo di Buona Speranza, incontra un Sud Indiano durissimo: “Era come essere in una gigantesca lavatrice”, ha raccontato, descrivendo la violenza del vento e del mare. In questo tratto ha subito un danno cruciale: il timone di sinistra si è sganciato dalla sua sede, compromettendo il controllo della barca. “A un certo punto mi sono davvero chiesto se sarei riuscito ad arrivare in fondo a questa regata”, ha ammesso.
Ogni volta che la barca accelerava fino a 30 nodi, il timone si allentava, costringendolo a rallentare per limitare i danni. “Ho capito subito che non potevo combatterlo, avendo già vissuto un’esperienza simile nella Mini 6.50”. Nonostante le ore passate a tentare riparazioni, ha dovuto accettare di navigare a velocità ridotta, perdendo il contatto con i concorrenti davanti a lui.

Nell’Atlantico del Sud, Giancarlo ha sperato di poter recuperare terreno, ma il problema al timone e le condizioni meteo instabili hanno continuato a penalizzarlo. “La risalita dell’Atlantico è stata estenuante, con venti molto forti alternati a momenti di calma piatta. Le occasioni per spingere davvero la barca sono state pochissime”, ha spiegato una volta arrivato a terra, “Nella vela oceanica bisogna saper accettare certe situazioni. Il mio obiettivo è diventato quindi quello riportare la barca in porto in sicurezza e trarre insegnamenti da questa esperienza”.

Giancarlo nella sua prestazione ha ottenuto anche il record personale di miglia percorse (524 miglia in una giornata) dimostrando di poter essere in partita ed essere molto competitivo.

Tagliando il traguardo il 4 febbraio, non ha nascosto la sua soddisfazione, nonostante la delusione per il risultato. “Non vedevo l’ora di arrivare. L’ultima parte della regata mi è sembrata interminabile”. Rispetto a quattro anni fa, quando completò il giro del mondo in 80 giorni, questa volta ha impiegato 85 giorni.

“Il Vendée Globe è un ristorante dove non puoi scegliere il menu: devi accettare quello che lo chef, Nettuno, decide di servirti”.

“Ogni Vendée Globe è unico e va affrontato con umiltà. Questa regata è imprevedibile. Sono orgoglioso di averla portata a termine nonostante le difficoltà. Ma soprattutto non voglio pensare che la valutazione finale di quattro anni di duro lavoro mio e del mio team, si limiti semplicemente ad un numero. Chi giudica il Vendée Globe da un numero, senza prendere in conto le eventuali difficoltà incontrate, non ha capito niente di questa regata. Arrivare alla fine è una misura più significativa per un marinaio rispetto alla posizione finale in classifica”.

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