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America’s Cup, ecco perché bisogna seguirla (e magari tifare ETNZL)

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Bermuda– Venerdì 26 maggio inizia la 35th America’s Cup e dal suo esito dipenderà gran parte del futuro sviluppo della vela internazionale. A ricaduta, la Coppa influenzerà anche la disciplina che tutti noi pratichiamo normalmente. Fare Vela avrà un suo inviato accreditato alle Bermuda, l’appassionato Bruno Bottacini da Torri del Benaco, che ci racconterà quotidianamente come vanno le cose nello show messo su da Russell Coutts nel Great Sound delle ipercare isole british in mezzo all’Atlantico.

Questa America’s Cup, che per molti versi non esalta i velisti tradizionali, è invece appassionante e di fondamentale importanza. Cerchiamo di spiegarne i motivi. Innanzi tutto, pur con regole create “pro domo sua” dall’attuale defender Oracle Team USA, è pur sempre la Coppa, un Trofeo che esiste dal 1851 e che mantiene il primato di evento più longevo di tutti gli sport. Vincerla comporta il diritto a organizzare l’edizione successiva e a modificarne barche e regole di svolgimento, secondo un “Protocollo” che si richiama ai dettami del Deed of Gift, il documento fondatore scaturito dalle varie vicende interne al primo detentore, il New York Yacht Club.

35th America’s Cup Bermuda 2017 – Foto Greenfield/ORACLE TEAM USA

Dal punto di vista tecnologico è innegabile che l’evoluzione del foiling, che nel 2013 andava un po’ a saliscendi con differenze abissali tra un team e l’altro tanto che le regate risultavano spesso noiose vista la troppa distanza tra i due contendenti, abbia portato a scafi iperveloci e assai più dinamici. Quello che già si è visto nei prestart lascia stupefatti, manovre “up and down”, ingaggi, coperture proprio come nell’uno contro uno tradizionale ma il tutto a 25/30 nodi di velocità. Addirittura si vedono accenni di virate con rollio da parte dei kiwi, con i grinder-ciclisti che cambiano ad arte scafi con la “macchina volante” che mai scende dai foil. Gli angoli e la velocità di virata sono un qualcosa da “post-vela”, così come le strambate volanti, ormai prassi per tutti i team, sono tutte oltre i 40 nodi, con punte ormai vicine ai 50.

Artemis, ha vinto tutte le regate test sin’ora disputate

Vincerà, questo è evidente, chi riuscerà a mantenere costante il volo e anche un solo atterraggio può compromettere la regata. Scendere a 25 nodi quando l’altro ne fa 40 equivarrebbe alla classica sfida tra la tartaruga e Achille. Mito a parte, è evidente che mai la tartaruga raggiungerebbe il piè veloce, se questi non incapperà in un incidente o una rottura. La regata, quindi, è sempre più legata al fattore tecnico e sempre meno all’influenza umana. Il tattico/trimmer regola ormai ala e foil con l’aiuto di un tablet. L’energia per alimentare i sistemi idraulici viene pompata e immagazzinata dai grinder al lavoro continuo, ciclisti su ETNZL e tradizionali sugli altri team (solo Oracle ha istallato all’ultimo momento una pedaliera per il tattico a poppavia del timoniere). Occorre pompare energia in venti minuti di pura apnea, con i velisti al limite delle possibilità atletiche, per consentire al timoniere e al trimmer di mantenere il volo più costante possibile. Al timoniere, vista la velocità e i tempi ridotti di time/distance, è demandato grand parte del fattore umano, quando in un microsecondo egli dovrà puggiare od orzare, accelerare o frenare nelle probabilmente decisive fasi del prestart.

La AC punta forte sul pubblico generalista delle televisioni, ci riuscirà? Foto Sanchez

L’evoluzione tecnologica dei quasi monotipi voluti da Coutts, e costruiti in barba al Deed of Gift nel suo cantiere neozelandese, è stata come era prevedibile visti i budget e la posta in gioco, esponenziale. Il tutto risulta appassionante e sarebbe un contro senso fermare lo sviluppo tecnologico della vela. Solo appendici, sistemi di controllo e carenatura della piattaforma sono variabili. Va detto che proprio nei foil si gioca gran parte della Coppa. Anche pochi gradi di differenza o spessori a quelle velocità creano differenze enormi. Sbagliarli, come per esempio pare abbia fatto Ben Ainslie, crea problemi di velocità che le regole (solo due set di appendici, modificabili al 40%, sono ammesse da stazza) non consentono di rimediare. Quello che, invece, poteva essere gestito diversamente è stato l’insieme delle regole, ovvero il “Protocollo” che due anni fa originò l’uscita di Luna Rossa dalla Coppa e che ha portato all’attuale situazione di Emirates Team New Zealand contro tutti.

ETNZ in navigazione. Si vede il wing trimmer (davanti al timoniere) che gestisce l’ala completamente idraulica con solo un tablet in mano

Già, perché per la prima volta negli oltre 160 anni di storia della Coppa già sappiamo cosa succederà dopo… Se il defender Oracle si confermerà o se uno dei suoi alleati (Artemis, Softbank Team Japan, Land Rover BAR e Groupama Team France) vincerà, il futuro sarà Coppa biennale, circuito sui foiling cat, quasi-monotipo, show-business portato all’estremo. Se, invece, a vincere saranno i kiwi, o meglio l’intera Nuova Zelanda visto il carattere “nazionale” della sfida di ETNZL, la Coppa tornerà a un modello più tradizionale, con il defender che riceverà la sfida da uno o più sfidanti, con barche stabilite di volta in volta e difesa appunto ad Auckland.

Per riuscire Grant Dalton e compagni hanno dato tutto, soprendendo ancora. Nata con evidenti difficoltà finanziarie, la sfida neozelandese ha puntato sulla creatività e sul talento dei suoi uomini migliori, dalla stella del 49er olimpico Peter Burling a Glenn Ashby. L’idea dei grinder-ciclisti è geniale come tutte le cose semplici che funzionano. Cos’è più potente tra le gambe o le braccia? Non c’è bisogno di essere Vincenzo Nibali per capirlo… E i kiwi questa volta hanno tirato fuori il loro asso nella manica con i tempi, quando non poteva essere copiato come fu invece nel 2013 il foiling, e i modi, restando nel suo fortino di Auckland, giusti.

Il calendario della 35th America’s Cup

Basterà? La mancanza di confronto diretto con gli altri team è l’incognità ma dalle immagini che arrivano dal Great Sound, in cui si mosta la stabilità e l’eccellenza delle manovre dell’AC50 Aotearoa, sembra che gli All Black siano sul volo giusto, quello che potrebbe portarli all’epica battaglia finale contro Oracle Team USA dal 17 al 27 giugno. C’è un 8-1 diventato 8-9 da vendicare. “The great comeback in the sport” del 2013 fa parte della storia. Al posto del triste Dean Barker c’è il top gun Peter Burling, al posto dei grinder quattro indiavolati velisti-ciclisti. Artemis di Iain Percy, Nathan Outteridge e del nostro Checco Bruni sembra il candidato più accreditato alla finale della Louis Vuitton qualifier. Sin’ora la multinazionale svedese ha vinto tutti i match warm up disputati alle Bermuda. Sarà una sfida tutta da seguire e peccato che lo streaming non sia disponibile in Italia (dirette solo criptate su Mediaset Premium e repliche su Italia 2, come spieghiamo in altra news).

Dunque che vela sarà? L’America’s Cup ha sempre influenzato la vela internazionale. Anche questa volta non farà eccezione. Senza il traino della Coppa, probabilmente la rincorsa al foiling nelle regate oceaniche e nella vela olimpica sarebbe minore. La stessa World Sailing, che pure ha avuto alcuni problemi nella gestione della squalifica di membri di Oracle Team USA durante lo scorso ciclo di Coppa, sembra in preda a una mania da show. Sempre meno vela tradizionale e sempre più spettacolo, con il rischio che il nostro mondo sia destinato a spaccarsi in due, da una parte la vela che tutti pratichiamo e conosciamo, dall’altra quella professionale e iper-veloce. Con regole diverse. Il tutto a beneficio di poche decine di persone, quelle che operano nei team e nei monotipi collegati, che lascia fuori la maggioranza di progettisti, velisti, addetti ai lavori.

Tra Valencia 2007 e Bermuda 2017 c’è un rapporto di 10:1 tra persone impiegate. Il rapporto in velocità è invece di 1:4. In soli dieci anni la velocità di un classe Coppa America è quadruplicata. Nel 2013 il contatto era raro e la regata noiosa, dato che è noto che non è la velocità assoluta a dare spettacolo ma il confronto ravvicinato e il duello incentrato sugli uomini. Questa volta le distanze dovrebbero essere, almeno nei match tra i team top, ridotte. Il ruolo umano sarà invece destinato a scomparire, a meno di non auspicabili voli in mare o incidenti. Visto che un tablet informa, gestisce e ordina e il rischio che il muscolo più sviluppato del velista del futuro diventi quello del dito indice è concreto.

A proposito di incidenti, Grant Dalton aveva parlato apertamente di potenziali rischi da collisioni “maliziose”. Ben Ainslie già ci ha provato, andando a colpire TNZL in una manovra non necessaria, privandolo di alcuni giorni chiave di test a ridosso della Louis Vuitton. Se le cose si mettessero male, ci sarà il “grande botto”? I rischi in una collisione a velocità relative di 50 nodi sarebbero enormi, ma non è detto che a qualcuno la malsana idea non venga in mente. Gli interessi economici legati all’organizzazione delle coppe future sono emormi e alcuni milioni di dollari sono spesso un valido motivo…

Sarà spettacolo, però, e dal numero di domande che abbiamo ricevuto dai lettori che chiedevano dove si potesse vedere la “Coppa” il fascino resta. Questa testata, che pure proverà come sempre a raccontare quanto sta realmente accadendo alle Bermuda, si augura che alla fine vincano i kiwi. Una storia perfetta per lo sviluppo della vela. La vendetta, il David contro Golia, una nazione contro le multinazionali di velisti a-nazionali. Un popolo di velisti contro un’audience di “gente” che conta solo per indici di ascolto e portafogli degli attuali padroni della Coppa.

Il bivio è qui. Se saranno gli eredi di Sir Peter Blake a vincere, la Coppa stessa tornerà in grande e la vela diventerà meno frenetica. Se sarà Oracle Team USA o uno dei suoi alleati sarà probabilmente solo show business. Ecco perché questa edizione della Coppa è di fondamentale importanza e merita di essere seguita da chiunque ami le sorti della vela.

 

Il formato della 35th America’s Cup:

Saranno disputati due round robin dove ognuno dei sei team (incluso il defender Oracle Team USA) incontra gli altri due volte. Ogni vittoria varie un punto. Il vincitore delle Louis Vuitton AC World Series (Land Rover BAR) partirà da 2 punti, il secondo (Oracle) partirà da 1 punto.

Dopo i 2 RR, Oracle avanza all’AC Match (17-27 giugno) e l’ultimo classificato viene eliminato. Se il vincitore dopo i 2 RR arriva all’AC Match, questi inizierà la finale con un punto di vantaggio. I restanti 4 team vengono accoppiati per due semifinali (al meglio delle 5 vittorie). Il vincitore dei RR sceglie con quale altro team regatare. L’altra semifinale risulta di conseguenza. I vincitori delle semifinali disputano la finale degli sfidanti (al meglio delle 5 vittorie).

Il vincitore diventa il challenger ufficiale alla 35th America’s Cup e sfiderà Oracle nell’America’s Cup Match presented by Louis Vuitton (al meglio delle sette vittorie).

 

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3 Comments

  1. Gian Andrea Borgiotti
    May 24, 2017 @ 14:39

    Buongiorno,
    mi potete chiarire se:
    – eventuali punti vinti dagli sfidanti contro USA sono conteggiati nella classifica dei Round Robin?
    – Lo schema per le semifinali sarà 1° contro 4° e 2° contro 3°?
    Grazie

    Reply

    • Michele Tognozzi
      May 24, 2017 @ 15:39

      Ciao Gian Andrea,
      i punti eventualmente vinti contro Oracle Team USA sono conteggiati per la classifica dei round robin. Se il vincitore dopo i 2 Round Robin (quindi anche OTUSA) sarà nell’AC Match finale, paertirà con un punto di vantaggio.
      Dopo i 2 RR il sesto team viene eliminato e OTUSA ovvioamente va all’AC Match.
      I 4 restanti vengono divisi in due accoppiamenti A contro B e C contro D. Il migliore del RR sceglie l’avversario per la semifinale e l’atra coppia verrà quindi di conseguenza. Un saluto

      Reply

  2. Beppe Giannini
    May 24, 2017 @ 16:51

    Per le semifinali, il 1o challenger sceglie contro quale degli altri 3 regatare (Prot. 28.2)

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