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E dopo il Coronavirus… Il nostro patto con il mare

Delfini che nuotano nei porti, da Cagliari e Palma di Maiorca alla Turchia. Balenottere in viaggio da Lampedusa all’Elba. Fenicotteri e aironi sugli arenili. Acque chiare in Laguna a Venezia. Il mare in libertà che fa a meno di noi, rintanati come siamo nella quarantena da COVID-19. Spiagge, una volta affollate nei ponti di primavera, ora deserte. E l’occhio si perde.

Cento metri da casa, per chi può almeno annusarlo, il mare. Rigorosamente da soli e solo una volta al giorno. Alzi la testa e guardi di nuovo in alto. Vedi il cielo azzurro. Poi qualche batuffolo bianco. Aria calda che si alza dalla pianura e aria fresca dal mare che occupa quello spazio vuoto. Vento. Già, quella brezza con cui abbiamo giocato, poi ci siamo divertiti e con cui molti di noi hanno anche lavorato.
Vedi gli uccelli che passeggiano sull’arenile. Vita che si muove sotto la superficie dell’acqua cristallina, arrivando fin dove mai l’avevi vista. Nessun rumore, solo suoni. Equilibrio e pulizia.

Stringi gli occhi e osservi con attenzione. Le isole di sempre all’orizzonte. Nemmeno una barca. Niente. Per vederne una bisognerebbere attendere il tramonto e il ritorno di quei pochi pescherecci che ne hanno facoltà. Manca qualcosa, ma solo dal nostro punto di vista. Al mare pare davvero non importare.
Ancora silenzio. T’incammini per tornare a casa. Altri duecento passi, come da norme. Sali le scale. Entri e chiudi a chiave. Da solo. Ti togli la mascherina. Ti lavi le mani.
E così tutti i giorni, da ormai più di un mese. Con l’aria sempre più calda e l’acqua sempre più pulita.

Il Coronavirus se ne infischia delle frontiere e ci guarda in faccia. E’ libertario, non fa distinzioni. Ci svela anche una semplice logica: la Terra può fare a meno dell’uomo, mentre l’uomo non può fare a meno della Terra. Ha solo questa e continua, per una sua parte, a non volersene accorgere.

Nel Quinto Giorno, un fortunato romanzo di qualche anno fa, lo scrittore tedesco Franck Schatzing immaginava la vita del mare che si ribellava all’uomo. Il quinto elemento della Creazione trasformato in Sesto Continente che, stanco dello sfruttamento, se la prendeva con la razza umana, colpevole di aver alterato gli equilibri del Pianeta.
Gli Yrr, così si chiamava quell’intelligenza non aliena ma marina ipotizzata dallo scrittore, scatenavano meduse, branchi di pesce, granchi, astici e vermi marini contro uomini, barche e navi.
Yrr, parola casuale nata dalle dita sulla tastiera del microbiologo norvegese che per primo aveva individuato, nella fantasia di Schatzing, una teoria in quel caos apparente.

Ci stiamo arrivando, con un virus subdolo ma imperterrito al posto degli alla fine più saggi Yrr? Per adesso il mare gode, si bea del nostro starcene rintanati in distanziamento sociale. Si cura dal surriscaldamento globale a cui lo stiamo costringendo. Da pesca intensiva e scarichi industriali. I delfini, mammiferi curiosi anche dei nostri a volte buffi comportamenti, si insinuano nei golfi, penetrano nelle darsene. Saltano e ci osservano.
Così fa il grande occhio della balenottera, che studia dal basso l’elicottero della Guardia Costiera che sorveglia dall’alto il suo mondo liquido, vuoto dell’uomo ma sempre più brulicante di vita. Ma poi?

Migliaia di velisti non vedono l’ora di tornare a navigare con gioia. Qui un Laser Radialo femminile all’Italia Cup di Napoli nel novembre 2019. Foto Rovatti/AICL

Non ne possiamo più di starcene chiusi in casa. I numeri stanno finalmente migliorando, soprattutto quelli dei ricoveri e dei nuovi positivi, arrivati oggi venerdì 17 al minimo di 355. Contiamo i giorni per ritornare a fare ciò che amiamo. D’altra parte, abbiamo capito che più rispettiamo quelle norme e prima lo faremo davvero. Come sarà, però, il nostro mondo, quell’unico che abbiamo a disposizione, dipende solo da noi. Non da terzi. Non dagli altri chi? Sulla terraferma huele mal, i dubbi sembrano sabotare le speranze iniziali. La solidarietà delle prime settimane sembra soccombere di fronte a vecchie lotte ideologiche o a interessi particolari. Non è che torniamo semplicemente quelli di prima?

Almeno con il mare, però, possiamo/dobbiamo fare qualcosa proprio noi. Abbiamo tutti, nessuno escluso, un compromesso, un debito, con la nostra cara dimensione parallela. In tutte le sue declinazioni: Pelagos, Thalassa o Colpos che sia. Distesa, navigazione o litorale.
Ogni crisi presuppone un cambiamento. E deve essere in meglio, visto che nel peggio ci siam già riusciti benissimo. A noi il dovere di provarci davvero. Tornare a navigare, ma farlo in modo responsabile, trovando quell’equilibrio che accrescerebbe anche la nostra soddisfazione. Farlo bene e senza indugi, perchè una volta sciupato questo mondo, direbbe Gabo Marquez, non ci sarebbe una seconda opportunità sulla Terra. E gli Yrr, probabilmente, avrebbero avuto anche ragione.


Delfini in un marina turco, 16 aprile 2020

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