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La vela al tempo del Coronavirus

Alcune note in libertà

Il vento è cambiato, ma alza le vele ormai la navicella del nostro ingegno. Già, il Purgatorio di queste settimane di Coronavirus ci tiene a casa. Stretti come un buon equipaggio, anche se ci separano l’un dall’altro pareti, strade, campi e spiagge. Tappe intermedie che sino a pochi giorni fa erano solo un sempre più rapido avvicinarsi al luogo dove potevamo vivere la nostra passione. Mare o lago che fosse. Lì stavamo bene. Quasi solo lì, da soli o in compagnia.
E adesso pensi che se tutto ritornerà come prima dipende da noi. Solo da me, da te, da loro e dalla nostra capacità di trasmettere le reali necessità a chi è chiamato a gestirle con misure eccezionali ma inevitabili, solo fino a un mese fa neanche pensabili. A chiamare la virata. Eppure, ci siamo. Occorre essere equipaggio. E farlo ora.

Foto Borlenghi/Rolex Sydney Hobart

Proviamo tutti la stessa sensazione. Un pensiero comune. Ci manca quell’attività sana. Per definizione aperta e senza contagi, se non quello della condivisione con gli amici di quel piacere che da anni ci impregna di sale la pelle e di luce gli occhi. Vela. Facile e divertente. Libera e condivisa.
Ma il vento cambia. Può farlo e, come sa chi va per mare, immancabilmente lo fa. Prima, però, dà segni rivelatori. Le nuvole in cielo, la temperatura, i colori, l’umidità, la pressione. E alla fine il vento gira, scegliendo quel quadrante della rosa da cui te l’aspetti se sei buon marinaio. Il vento non t’inganna. Mai.
E il bravo capitano sa quando arriva il momento di ridurre la vela, fino a mettersi alla cappa, se necessario. Di serrare le attrezzature in coperta. E quel momento è adesso.
E lo facciamo, riempendo la giornata di lavoro telematico, spostamenti giustificati per chi deve uscire di casa per lavorare o per fare la spesa. Ci arrabbiamo con chi prova ad approfittarne ma allo stesso tempo non vediamo l’ora di tornare a uscire. Capita di provare con piacere la riscoperta di piccoli gesti, come avere tempo di leggere a fondo un quotidiano di quelli di una volta, fatti di carta, o preparare ricette che tenevamo nel cassetto e che il tempo, sempre lui, ci impediva di realizzare.

E allora inventiamo in casa quello che di cui gioivamo al mare. Ecco che sui social trovi video, disegni, iniziative che rendono esplicita la passione comune. Chi improvvisa una strapuggia sotto spi sul terrazzo di casa, chi simula di timonare davanti alla TV. Chi manda ai ragazzi del circolo grafici di regata o quesiti di regolamento. Chi ancora riempie i social di #iorestoacasa come i membri delle squadre nazionali FIV. Chi invia agli amici velisti esempi d’esercizi per proseguire la preparazione atletica anche a casa.

L’#iorestoacasa della livornese Matilta Talluri, giovane talento del Laser Radial

L’unica cosa sensata da fare, attendere i dati e poi ricominciare a programmare, senza psicosi perché l’epidemia della paura spesso fa più danni del COVID-19. Per evitarla non c’è che l’informazione. Ed è allora che…

Navighiamo moltissimo sul web… anche se è sempre meno di quanto lo facciamo con la fantasia, inseguendo placidi bordeggi o impetuose planate. Compito dell’ingegnoso tattico che è in noi è poi quello di districarsi nella marea informe di articoli, distinguendo le fonti autorevoli e certificate dalle fake news che imperano. Perché a volte gli uomini, loro sì, t’ingannano e devi stare attento. Ricordarti che il marinaio esperto studia la rotta prima d’intraprenderla. Prende decisioni basate sui dati che vede o che ha previsto. Deve decidere se virare e farlo in un attimo, sulle informazioni che ha saputo raccogliere mentre comunque teneva saldo il timone.
Pensi che un intero Paese si dovrebbe comportare come un equipaggio compatto. Che anche l’Europa dovrebbe farlo. Ragioni un po’ e concludi che non tutto è così semplice, che ci sono interessi, forti si chiamavano una volta, che insistono a usare l’io al posto del noi. Ma, soprattutto, ascolti il silenzio delle strade, dove il cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra torna a essere più forte del rumore della rade auto che transitano nella via che osservi dall’alto. Roba che non capitava da anni.

Beh, a noi sì che capitava, perché salivamo in barca e uscivamo per ascoltare i nostri suoni. Felici. Proprio come adesso, in quest’istante in cui sentiamo il fruscio dell’acqua sullo scafo della nostra barca, il sapore dell’acqua che ci sbatte sulla faccia. Poi guardiamo il telefonino e vediamo la data, 18 marzo 2020, e il tetto sopra di noi. Quanto manca prima di poter uscire? Chi ipotizza date teoriche per ricominciare almeno ad allenarsi. Se non per regatare, ben consapevoli che gli eventi difficilmente riprenderanno prima di maggio.
Ed è in questo momento che iniziamo a studiare l’unica cosa che adesso davvero conti. Non sono isobare, ma è una curva. Dall’andamento a campana, almeno ci auguriamo. Seguiamo tutti i giorni l’aggiornamento delle 18 della Protezione Civile. Costruiamo la nostra gaussiana e scopriamo che sì, pian piano, sembra appiattirsi, che il buon marinaio ce la sta mettendo tutta. Respiri.

Il grafico aggiornato al 18 marzo dell’incremento giornaliero dei positivi. Fonte Protezione Civile/Corriere.it

Respiri ancora e pensi, però, soprattutto a Bergamo. A Nembro, dove opera Persico Marine che ha costruito Luna Rossa. Ai borghi della Val Seriana e della bergamasca, su fino a Lovere, sponda alta del Sebino, dove molti di noi hanno regatato tante volte. O alla bresciana che sfocia in quella fucina di velisti che è il Garda. Leggi i numeri. La schiena trema e lo spinnaker si sgonfia. Insignificante rispetto al dolore che pervade quei luoghi.

La zona tra Bergamo, la Val Seriana e il Lago d’Iseo. Foto Google Earth

Ed è proprio adesso che li vedi, in carne, ossa, tuta e mascherina. I grinder che girano da giorni le manovelle dell’emergenza. Senza lamenti, ma con i meriti di chi sa che quando conta si fa e basta. Resta, solo e unicamente, cosa e come si fa o cosa non si è fatto. Agire subito, parlare poi, proprio come in una barca che funziona. I prodieri che continuano a fornire i beni necessari a quelle zone e a tutto il resto del Paese. Dei Paesi vicini. I randisti e i tailer che seguono immediatamente le direttive del pozzetto centrale. Senza esitare. Anche se ogni tanto ci scappa l’io farei così. Senza mollare un centimetro. Spingere la barca a fondo, mantenere le misure, ogni minuto per sessanta volte per ventiquattro ore per sette giorni per quattro settimane, finché il bollettino del mare dirà che ne siam fuori.

Sono loro, i professionisti sanitari, i medici, i volontari, gli infermieri, gli eroi normali di questa vicenda. Uomini e donne che hanno saputo come comportarsi quando contava. Che lo stanno facendo proprio in questo momento, mentre leggiamo queste note dedicate non a chi ama navigare su una barca a vela, ma a loro, che stanno affrontando davvero questa burrasca dura e impietosa, che ha modificato la vita di tutti e a tutti i livelli, e a cui potrebbe seguirne un’altra, economica, che ugualmente tutti condizionerà. A loro va la riconoscenza di tutti noi, perché loro si che stanno facendo equipaggio.

Perché se c’è uno che non va per mare è proprio il Coronavirus, che si muove però a terra. Rapido. Subdolo. Pronto ad approfittare dei nostri errori. Ma è anche democratico, toglie le maschere. Gli alibi. Rende tutti più riconoscibili e non è detto che il mondo che uscirà da questo grande casino sia come quello di prima. Nel bene o nel male, tocca a noi, fino a poter uscire per poi riveder le stelle.

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1 Comment

  1. Massimilano Ferretti
    March 18, 2020 @ 21:53

    Grazie Michele per questo articolo.Tutte le mattine ho la stessa sensazione da giorni ormai: uscire necessariamente di casa per andare a lavorare è come lasciare il porto sicuro,consapevoli che là fuori c’è burrasca, ma poi quando ti trovi tra le onde, ormai sei lí e non puoi rimanere inerte,e ce la metti tutta per non sbandare troppo,strappare l’amata randa consapevole che anche la peggiore delle tempeste prima o poi passerà. Se saremo stati dei bravi marinai avremo salvato la barca e la vita,la nostra e del nostro equipaggio.
    Quindi davvero, rispettiamo le regole, non facciamoci terrorizzare dalle false informazioni,ci sono voci ufficiali a cui dare ascolto.
    Non vedo l’ora di rimettere piede su una barca, mi basterebbe il gommone del Club per fare assistenza a una regata o le foto ai nostri ragazzi dell’agonismo e della scuola vela.
    Buon vento a tutti

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