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Volvo Ocean Race: come ti curo i VO65… il debrief finale da Stefano Beltrando

L’Aja, Olanda- A Volvo Ocean Race conclusa, Stefano Beltrando di QI Composites scrive per Fare Vela un debrief dello stato dei VO65 alla fine del giro del mondo.

“Non posso nascondere che in QI Composites, al termine delle regate che supportiamo con i controlli non distruttivi tiriamo tutti un bel sospiro di sollievo. Conosciamo la flotta dei VO65 nei dettagli più piccoli e soprattutto fin dalla loro nascita. Ad ogni giornata con onde particolarmente formate o per ogni match race negli oceani del sud a colpi di planate paurose corrispondono piccoli cambiamenti negli scafi e nelle loro strutture che vanno intercettati per tempo e riparati a dovere. A sfidare il Boatyard c’è poi l’esigenza di avere tutto in perfette condizioni in tempi brevissimi per permettere ai team lo svolgimento delle attività promozionali e di allenamento durante gli stop nelle città sede di tappa.

Tranne che in rari casi la flotta giunge al porto tutta nella stessa giornata. Entro una dozzina di ore tutte le barche sono a terra, lavate, disalberate e con il ponteggio attorno alle chiglie per verniciature e finiture. Mentre i ponteggi semovibili, fino a due per barca, cominciano a schizzare attorno agli scafi per interventi di verniciatura, manutenzioni varie e spostamento di materiale da dentro a fuori e viceversa. In questo apparente delirio, i velai partono con la manutenzione alle vele, così come i rigger smontano gli alberi pezzo a pezzo e noi di QI attacchiamo la flotta secondo il programma stabilito prima della partenza, in funzione dell’importanza della tappa. In 4-7 giorni a seconda del programma, tutto deve essere nuovamente al proprio posto come se fosse nuovo.

In questi tempi da record vengono ricostruite vele, riparati alberi con preimpregnato e forni da 80°C, riparati timoni, daggerboard e strutture ed in alcuni casi anche ampie porzioni di scafi. E’ noto l’incidente di Vestas che ha richiesto un lavoro complesso per il ripristino del lato sinistro della prua, tuttavia vi sono stati altri sei casi di serie riparazioni agli scafi per danni che hanno raggiunto in un paio di occasioni il metro e mezzo di lunghezza. Tutto sempre riparato, cotto e verniciato nei canonici 4-7 giorni.

Per esempio l’attività di controllo definita base o livello C è quella che facciamo nelle tappe in cui non è previsto l’alaggio delle barche ed il disalberamento. In questi casi (come a Newport) le priorità sono

  1. I danni lamentati dai team durante la tappa. Principalmente impatti
  2. Le zone principali dell’albero
  3. La slamming area, ovvero la zona di opera viva dalla prua alla chiglia per la quale è necessario verificare l’integrità del “core” onde evitare pericolose propagazioni di fratture che possono infine portare al fratture delle pelli in carbonio

Al contrario, tappe come quella di Auckland, richiedono un livello A+ con:

  1. Scansione totale dell’albero
  2. Scansione quasi totale della chiglia
  3. Scansione di tutto lo scafo e delle strutture principali
  4. Scansione di daggerboard, timoni, boma, outrigger, lande e zone di carico della coperta
  5. ….qualunque cosa abbia destato il minimo sospetto nell’equipaggio

I “Dinosauri”, i “Pullman”, questi sono stati alcuni dei soprannomi dati alla flotta dei VO65 per distinguerli dai fragili e velocissimi predecessori, i V70. Eppure con questa flotta si sono corse due edizioni del giro del mondo, per i vincitori il budget è stato una frazione di quanto speso su Ericsson o Groupama, si è fatto il nuovo record sulle 24 ore che ora supera le 600 miglia e infine non ci sono state situazioni di pericolo per gli equipaggi causate da avarie strutturali. Per vedere situazioni diametralmente opposte basti pensare all’edizione del 2008-09, in cui tre barche su sette furono gravemente danneggiate a Taiwan o nel 2011-12 dove sempre tre su sette si fermarono in Sud America per rappezzare le ferite.

Analizzando le statistiche dei danni, anche in questa edizione, come la precedente: chi rompe meno vince di più: infatti Abu Dhabi con Ian Walker e Dongfeng con Charles Chaudrelier sono stati tra i più attenti a preservare il proprio equipaggiamento gestendo al meglio l’acceleratore.

Cosa aspetta la flotta VO65 ora? Per alcuni un ritorno alla base di Lisbona per revisioni complete in attesa delle prossime sfide e per le altre attività promozionale europea a beneficio degli sponsor”.

Stefano Beltrando

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