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America’s Cup: …è tutta una questione di foil, analisi delle appendici viste sugli AC50

La prossima Coppa America sarà decisa dalle configurazioni dei foil e dall’energia per gestirli, con grinder-ciclisti su ETNZL e manovelle tradiozionali sugli agli team per generarla. Abbiamo chiesto al nostro esperto di aerodinamica Beppe Giannini un’analisi comparata dei foil visti sin’ora sugli AC50 appena varati.

Bermuda- (Beppe Giannini) Come previsto, e a parte la sorpresa delle pedaliere di Team New Zealand, le uniche differenze visibili tra gli AC50 scesi in acqua in questi giorni riguardano derive e timoni. Per fortuna a terra il Protocollo vieta le “mutande” di una volta, e comunque per come navigano i foiler le appendici sono sempre in bella vista. Gran lavoro quindi alla moviola per gli “osservatori” della concorrenza, ma anche per i semplici appassionati.

Schemi delle derive viste a oggi (Credit: Nelson Clarke)
Schemi delle derive viste a oggi (Credit: Nelson Clarke)

La prima constatazione è che, per le derive degli AC50, il termine “uptip” è diventato improprio: il riferimento è alla parte semi-orizzontale della deriva che fornisce la portanza, ma comunque con la punta inclinata verso l’alto con un angolo (diedro) più o meno importante. È l’approssimarsi o il fuoriuscire della punta dalla superficie dell’acqua che fornisce il grosso della stabilità durante il volo del foiler, con maggior diedro uguale maggiore stabilità ma anche maggiore resistenza, e difatti foiler meno sofisticati come il GC32 o il Flying Phantom hanno derive con diedro marcato.

Su Oracle, ala molto svergolata invertita all'estremità, timone sopravento con più rake per caricare lo stabilizzatore
Su Oracle, ala molto svergolata invertita all’estremità, timone sopravento con più rake per caricare lo stabilizzatore

Negli AC50, invece, il grosso della pressione idraulica generata dai quattro grinder (o ciclisti) è dedicato al controllo attivo dei foil, che possono così essere intrinsecamente instabili ma offrire la minima resistenza. Si sono visti quindi diedri minimi se non nulli, addirittura apparentemente negativi con punta verso il basso in alcuni casi (ma ci sarebbe da vedere poi come flette la deriva sotto carico). Ed è significativo che l’unica barca che ha presentato finora derive con diedro relativamente marcato, l’inglese BAR, è apparsa più lenta nelle recenti regate ufficiose con gli AC45 Turbo.

Ogni AC50 ha diritto a due paia di derive (più un altro paio, in pratica di riserva) e, come previsto, un set è per vento debole e l’altro per vento fresco, sopra i 10-12 nodi. In genere le derive sui due scafi non sono perfettamente uguali, con quella a sinistra un po’ più “veloce” e ottimizzata per il primo bordo dopo la partenza, al traverso con mure a dritta.

Screen shot dal varo di Artemis, si intravedono le derive ancora senza le punte
Screen shot dal varo di Artemis, si intravedono le derive ancora senza le punte

Le derive vengono conteggiate dal momento della prima messa in acqua. Considerando anche il poco tempo restante prima dell’inizio delle regate e la complessità di stampi e processo di fabbricazione, non ci si aspetta grossi cambiamenti o sorprese dell’ultima ora, quanto modifiche relativamente di dettaglio. In proposito, ogni team ha diritto a sostituire il 30 per cento di una deriva per un totale di quattro volte, ma trattandosi di una modifica sostanziale che coinvolgerebbe anche il gomito, cioè la parte più sollecitata, non si ha notizia che questo sia stato ancora fatto.
Invece, è consentito cambiare il 10 per cento di ogni deriva un numero illimitato di volte, e questo diversi team lo stanno facendo, introducendo punte variamente incurvate. Dato che limite del 10 per cento è relativamente al peso dell’intera deriva la cui parte più massiccia è quella verticale, di fatto questo consente di cambiare la quasi totalità della parte portante.

Ancora ETNZ, ma derive da vento fresco (Photo Weta27)
Ancora ETNZ, ma derive da vento fresco (Photo Weta27)
ETNZ in strambata. Anche con la barca molto alta le punte delle derive non escono dall'acqua (Photo Weta27)
ETNZ in strambata. Anche con la barca molto alta le punte delle derive non escono dall’acqua (Photo Weta27)

Le derive sono senza dubbio le componenti più sofisticate, sia come calcolo strutturale sia come tecnologia costruttiva. Basti considerare che tutto il carico (anche dinamico) di barca ed equipaggio grava a sbalzo su una sola superficie portante, e che dal punto di vista idrodinamico c’è un grosso vantaggio nel poterla avere con corda ridotta e forte allungamento. Paradossalmente, il vantaggio è maggiore con poco vento, dato che con minore velocità della barca, la deriva deve lavorare con maggiore coefficiente di portanza e quindi con una forte resistenza indotta che ostacola il salire sui foil. Il metodo classico per ridurre tale resistenza è appunto quello di adottare un forte allungamento, in proposito è veramente impressionante vedere le derive da vento debole di ETNZ.

Deriva da vento leggero su ETNZ
Deriva da vento leggero su ETNZ

Certo che con strutture così esili e fortemente caricate, per di più con l’aggiunta di inserti per consentire la sostituzione delle punte, le rotture sono inevitabili e si sa che ce ne sono state diverse, senza però che nessun team lo abbia ammesso ufficialmente.  Cominciano però a circolare domande sospette agli stazzatori circa la possibilità, in caso di avarie dovute a problemi concettuali, di usare le derive del proprio Turbo…

Passando ai timoni, rispetto ai precedenti Turbo la novità sugli AC50 visti da vicino finora (Oracle, Artemis ed ETNZ), è che l’innesto dello stabilizzatore orizzontale all’estremità della pala non è più diritto ma ha una configurazione a Y rovesciato. Si tratta di un ulteriore sviluppo dello sfalsamento tra pala e stabilizzatore visto sull’AC72 di Oracle alla fine della scorsa edizione della Coppa, e che aveva lo scopo di ritardare l’insorgere della cavitazione.

Derive di Oracle non perfettamente uguali, sui timoni attacco a Y rovesciato degli stabilizzatori
Derive di Oracle non perfettamente uguali, sui timoni attacco a Y rovesciato degli stabilizzatori

Negli AC50 la configurazione ancora più sofisticata è resa necessaria dal fatto che adesso lo stabilizzatore sopravento è fortemente caricato verso il basso, dando così un contributo importante alla stabilità soprattutto di bolina, ma essendo quindi ancora più esposto alla cavitazione. Lo stabilizzatore viene caricato inclinando all’indietro l’asse del timone (rake): negli AC72 questo era vietato, mentre adesso per gli AC50 è consentito in un ambito di 3 gradi, per cui è normale vedere barche in foiling con il timone sopravento marcatamente più inclinato. Per inciso, lo stesso giochino sarebbe evidentemente ancora più efficace se fatto con la deriva sopravento, ma questo continua a essere vietato.

Ci si può fare un’idea sull’efficacia di questo assetto considerando che la spinta verso il basso, trasmessa dalla pala del timone, è tale da mettere in crisi la stratificazione dello specchio di poppa! Stratificazione che è one design secondo la Stazza, per cui almeno un team ha richiesto l’autorizzazione ad applicare rinforzi locali.

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2 Comments

  1. Nuvola
    March 10, 2017 @ 07:57

    Molto interessante, grazie

    Reply

  2. America’s Cup: …è tutta una questione di foil, analisi delle appendici viste sugli AC50
    March 13, 2017 @ 16:25

    […] Continua a leggere […]

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