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La vela napoletana piange Gennarino De Lella, storico nostromo dell’Italia. Il ricordo di Roberto Perrone Capano

Napoli– (Roberto Perrone Capano) La vela napoletana è in lutto: è infatti scomparso oggi Gennarino De Lella, nostromo del Circolo Italia dal 1960 al 2000 circa, “Bicchierino” per molti.
Stanco di combattere contro la sua malattia senile, costretto a letto da due anni circa, ma pur sempre con il fuoco vivo della sua passione velica “ardente”.
Assitito dalla splendida moglie Lucia, con il sostegno slolidale e ininterrotto dei soci del Circolo Italia di Napoli, da qualche mese aveva ammainato la sua gioia vitale.

Gennarino, bicchierino il suo soprannome per i velisti del dopoguerra, ci lascia l’animo colmo della sua gioia di vivere, e di un entusiasmo straordinario che ha portato in mare , sempre e solo a vela, intere generazioni di velisti.
Da Franco Cavallo negli anni 60, a Picchio Milone e Roberto Mottola negli anni ’70, fino a Camilla Marino e Claudia Soricelli a cavallo del terzo millennio. Senza dimenticare Gianluca Lamaro, Francesco de Angelis, i Dalla Vecchia, la famiglia Signorini, Maria Stella Turizio e Carolina Rendano come centinaia di altri velisti .

Amatissimo dai suoi ragazzi di ambo i sessi, punto di riferimento sia nelle abilità marinare che nelle piccole gesta da indomabile scugnizzo; in grado di dialogare con la stessa brillantezza con aristocratici, vip, sportivi, e tutti i frequenatori del quartiere Santa Lucia.
Grazie Gennarino, da tutto il borgo Marinari di Napoli, oggi ammutolito e solidale. Resta indimenticabile la tua passione così come la tua straordinaria capacità di coinvolgere ed entusiasmare i ragazzi e i loro genitori.

De Lella in una foto del 2013

Roberto Perrone Capano ha scrittro questo commosso ricordo su Gennaro De Lella per Fare Vela:

Scrivo ogni tanto di mare e di vela sulla spinta dell’emozioni, e mai avrei voluto scrivere il saluto a Gennarino, sognandolo immortale finche immerso nel cantiere del Circolo Italia. Se Tritone porta l’arpione, il tuo asso era la combinazione fulminea di lingua e testa. Difficilissimo stargli dietro, sia da allievo sia da dirigente, perchè troppo rapido. Famiglia di sportivi, con il papà soprannominato “Bicchiere” per lo spessore delle sue lenti, ed i fratelli allenatori di remo e di calcio con i ragazzi del Napoli degli anni d’oro.

Lui, detto “bicchierino”, da sempre il più lesto di tutti. Dal papà a dir poco irriverente, Gennarino si differenziava per aver avuto nel dna intelligenza e furbizia, praticità e scaltrezza.

Con il cuore stretto nella morsa del tuo tavolo, quello pennellato di blu come il mare di Santa Lucia a primavera, il nostro stadio fatto di mare e di vento. La morsa è saldata a quel tavolo dalla ruggine, che impasta dadi e bulloni nascosti nei cassetti ruvidi del tuo tavolo da lavoro. E il tavolo dei nostri sogni da adolescenti: i lavori sulle barche a deriva mobile.

Quella morsa l’avrai stretta mille volte, con la forza della passione per il tuo lavoro e per quel posto, tuo trono ideale da quando Enrico –l’uomo degli spogliatoi- e Vincenzo te l’hanno lasciata libera dalle opere d’ingegneria in alluminio: i primi carrelli dei laser della storia portati a Napoli nel 1974 da Gennarino e Picchio Milone.

Il tavolo serviva per il lavoro, le colazioni, o per il “Cantariello”, tua diabolica invenzione per rinfrescarsi d’estate. Chi pescava la bacchetta con il piede nel vaso, pagava da bere. Tu, figlio di Fuorigrotta, hai sempre recitato da leone. Indiscusso Re di quel tavolo umile e bello, all’estremo Ovest del Circolo. La tua tana, da dove uscivi solo per salire a bordo del gommone con la sella di cavallo, in costume o in cerata blu.

La modestia? Vocabolo non presente nel suo vocabolario.

  • Lowell North?

Nunn’e nisciuno, cà s’ann’ imparà tutti quanti!

  • Gennà, ma Cuor di Leone – il one ton progettato, costruito ed armato dal consocio Mino Simeone- “cammina” (leggete va veloce), o no?

Facimm’ ‘o mazz’ tant’ a tutti quanti, la riposta secca.

Ci credeva davvero, e sfiorò l’impresa, che poteva centrare se avesse trovato meno aria durante la One Ton Cup 1989, evento voluto ed ospitato per il centenario del Circolo anche grazie a 3 sponsor important: Lancia, Martini, e Banco Napoli.

  • Lo spagnolo Felix Gancedo, plurimondiale Snipe, a Napoli nel 1976 per allenarsi con il suo Tempest, e poter beneficiare dei test con Cocker I-110, scafo Mader azzurro cielo di Napoli, per noi ragazzi mito gallegiante. Ccampione mondiale 1975 in Usa sull’ontario, battendo Dennis Conner. Ero a Venezia sotto la guida di Gennarino per i mondiali FJ; appresa la notizia, rizzò la criniera con gli occhi lucidi per la gioia. Era l’anno preolimpico di Montreal 1976.
  • “Non capisce niente e perde tempo” l’epiteto di Gennaro sull’ospite spagnolo. Ma lo accolse perché suo cortigiano, e forse forse anche un pò cliente.

 

  • Avvocà, cò chist non vincerete mai niente! Aveva preso di petto l’Avv. Agnelli, sbarcato dal suo F2 ormeggiato in rada, e in transito sul pontile sociale. Gennaro, a briglia sciolta nello spazio fra il bancone ed il pontile, non perdeva nessuna grande occasione di sciogliere la lingua. Parlava del povero Rino Marchesi, allenatore di calcio passato dal Napoli alla Juve proprio quell’anno. L’avrete scelto perché bravissima persona, ma non sarà mai vincente, noi lo conosciamo bene. Durò poco a Torino, andando via a mani vuote.

Il vero cruccio di Gennaro? Una medaglia olimpica, mai portata a casa. “Chill è tutta colpa e’ “M.” , recitava mosso dalla sua patologia, emersa negli ultimi tempi, contro l’innocente Roberto! Ha sbarcat’ a Camillo, e amm’ perduto l’olimpiade (ndr: Kiel 1972). Cattiverie senili, perchè l’albero rotto a Riva del Garda, era una delle grandi verità tecniche.

Bicchiere, il papà capitano, si poteva fregiare del bronzo vinto dalla sua creatura adottiva “Romance” ad Acapulco 1968. Gennarino avrebbe voluto sancire la supremazia familiare, avendo “spedito” ininterrottamente i suoi ragazzi ai Giochi Olimpici, dal 1972 al 1988. 15 anni olimpici per i velisti dilettanti dell’Italia, e parte d’oro dei 50 circa trascorsi tutti i giorni all’Italia, lunedì escluso, salvo trasferte.

Sauro, detto anche Savacchione, il fratello minore. Vittima sacrificale del suo allegro ego.

Papà Bicchiere aveva scisso con il bisturi l’eredità del suo DNA fra Gennarino e Savacchione. Dolcezza ed allegria, onestà e scaltrezza, lealtà e furbizia, forza fisica e forza della volontà, buon senso ed effervescenza viva come lava del Vesuvio Difficilissimo tener testa a Bicchiere con la parola, ed a Gennaro coi fatti. Sia in veste di allievo che di Consigliere del Circolo Italia: arrivava sempre prima lui alla mèta, così come ai suoi obiettivi.

 

Potrei proseguire ore, e non basterebbe un busto in banchina per ricordarlo. Spesso osannato dai suoi ragazzi, e vero combustibile della loro e nostra vita sportiva.

A Brenzone sul Grada, sempre nel 1975 per gli italiani FJvinti da Beltrame su Lamaro, gli arrivavo forse poco sopra l’ombelico, con Lars (Borgstrom) che studiava da bordo lago il suo futuro da velista professionista, arrivava forse alla cinta di Gennaro. Amici-concorrenti ci nascosero un Flying Junior in pineta, Gennaro pensava di aver individuato l’autore. Bluffava, dicendo in napoletano stretto: non ti preoccupare, ci penso io. Doveva sancire la sua supremazia assoluta. Raramente sbagliava, e se sbagliava, non avevi capito bene tu. A terra come in mare.

Con il pennarello faceva il segno sulla scotta per la regolazione universale a noi principianti sul FJ. Spendeva ore ad inchiommare le drizze per Cuor di Leone. Acciaio e cima, cima e cima, con il filo cerato e la caviglia in legno, probabilmente la eredità del papà Bicchiere. Fasciava quelle inchiommature come un chirurgo serio ed abile. Unico teatro il suo bancone, quello in ferro pittato fresco ogni anno blu mare, pochi metri dietro i due bronzi della banchina del Circolo: la gru, e il Magìa di turno!

Fino a 75 anni suonati, con problemi circolatori alle gambe, in piedi ore e ore sul gommone, spendendo felice la sua ultima parte di vita sportiva in mare con ragazzi e ragazze del Circolo. Da solo, con i suoi attrezzi: cerata, radio, cime, e tanica vuota per salpare boe a mò di puleggia gallegiante. Sempre senza cappello, con mia grande invidia.

Dopo la mia prima scuffia invernale senza cerata, in jeans e pullover vecchio da città, ci riporta in porto stesi a pagliolo del gozzo, ridendo bonario di noi: tengo duie alicelle cà dint, rivolto a Neri Stella sul Tempest.

Unica sconfitta morale, ahinoi color tempesta, quella di Valeria. Che speriamo incontri presto per capire, farsi spiegare, o assistere dall’alto chi di noi va per mare. 

Picchio Milone il suo allievo prediletto, seguito da Alberto Signorini, sua “creatura” sportiva. Figlio adottivo sia per effervescenza che per incapacità di centrare la partecipazione olimpica. Battezzato “o’pimmicio”, un conio per Alberto.

 

Altri ricordi?

  • Gennà, a che serve il vang? Guarda e capisci!
  • Quelli della Giurìa? Se mi stanno a sentire, andrà tutto bene. Da soli non…..!
  • Gennà, dov’è che ho sbagliato? “Sì nà chiavca” la risposta tagliente. Stringi, primm’ e’ correre. Guai a perdere la regata a beneficio di un allevo non suo: Gennaro non ci stava a perdere, e pungeva.
  • Beppe Zaoli? Un amico!
  • E Agostino Randazzo? Sta e’ casa a Napoli, è comm’ a noi!
  • Carlo Rolandi? Sta al Circolo Napoli, ma è ‘na famiglia sola (velica), è tuost.

 

Grazie Gennaro, un po’ Papà, un po’ diavoletto nel “tuo” cantiere, sempre falco in mare; comunque un Re del Golfo per circa 50 anni, e cavaliere del suo puledro bianco, il gommone 40 hp Yamaha.

Ci hai insegnato ad amare il mare, la vita, il vento, le onde, gli spruzzi salati.

Non possiamo sapere se ti ciberai di sale. Siamo in tanti a volerti bene, a mischiare una lacrima di tristezza per il tuo saluto, con quelle della gioia di vivere che ci hai trasmesso. Alza lo Spi rosso blù, gonfio come colpo e’ schioppett’ al giro di boa. Solo e primo in testa fin dalla prima alzata nella regata dei marinai. Oggi siamo tutti sull’attenti, e ti chiediamo di allentare quella benedetta morsa, perché da soli non ci riusciamo.

I tuoi ragazzi, quelli del Magìa e Marina della Lobra; del Cuor di Leone e Macchianera, perfino i principianti delo Sfizio, o il glorioso il 5,50. Sempre per tramandare l’arte della vela e marineria, quella innata che non si trova sui libri, fatta in casa senza ricette, per passione mista a istinto.

Grazie di tutto Gennarì, continuerai a regatare con i tuo amici passati a miglior vita? Sono tanti, ma tu non li bacchettare, e non dimenticare mai di guardaci le spalle quando siamo in mare.

Roberto Perrone Capano

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