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Talking with Dennis Conner… intervista al mito dell’America’s Cup alla Star Sailors League di Nassau

Nassau, Bahamas- “I don’t like sailing… I like to win”. La forma fisica non sarà più un granchè, e fa un po’ di tenerezza vedere BIg Bad Dennis muoversi a fatica sulla terrazza del Nassau Yacht Club, peggio di quanto i suoi 74 anni imporrebbero, ma lo spirito battagliero e la consapevolezza di cosa sia la vela da regata ci sono eccome. E la processione dei campioni della Star Sailors League, che al rientro delle regate di oggi lo vedono e a turno vengono a omaggiarlo stringendogli la mano, dice ancora molto di quanto Dennis Conner faccia parte della storia della vela.

Dennis Conner oggi a Nassau
Dennis Conner oggi a Nassau

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere oggi pomeriggio, parlando di America’s Cup, della Star, delle barche olimpiche e di cosa significa vincere una regata.E la luce nei suoi occhi nel descrivere la battaglia in acqua, la “nessuna scusa per i perdenti”, erano ancora quelle dei tempi epici dell’America’s Cup.

“Quando vinsi una medaglia alle Olimpiadi (bronzo nei Tempest a Kingston 1976, Ndr) piansi, davvero, sembra troppo dirlo ma è proprio così, quando vedi la tua bandiera salire sul pennone, senti l’inno, capisci che stai rappresentando il tuo Paese e questo vuol dire molto. Oggi non è più così, o almeno non lo è più in Coppa America, dove non si rappresenta più nessuno se non il bisogno di guadagnare, per te e la tua famiglia. Si fa tutto in funzione dei soldi. Ai nostri tempi non era così, o almeno non del tutto, quando gli australiani ci battereno nel 1983 erano felicissimi di aver battuto gli americani, di aver battuto Big Bad Dennis… hanno gioito per quattro anni ma ancora non sapevano che li… avrei uccisi quando sarei andato a Perth”.

Sulla Star Sailors League, Dennis, che di Mondiali Star ne ha vinti due (1971 e 1977) ha le idee chiare: “Una grande intuizione, consente ai migliori velisti al mondo di misurarsi insieme, sulla stessa barca, e porta a regate di altissimo livello, in più dà a tutti di avere l’opportunità di incontrare i campioni della vela”. Già, la vela sport di partecipazione per eccellenza che oggi qualcuno vorrebbe “trasformare”. “trasformare… In cosa?”, dice Dennis, ” La vela è bello farla, anzi a me piace farla per regatare, per vincere. Con i nuovi media, i social, c’è il modo di confezionarla e offrirla al meglio, ma la strada non è quella delle Stadium Race, le regate si fanno in mare, dove si lotta per ogni centimetro. Non mi piace per niente guardarla, preferisco una buona partita di football o baseball, ma regatare è invece la mia passione. Adoro farlo, per esempio, sulle barche d’epoca all’Argentario, a Porto Santo Stefano, in Italia il mio luogo preferito per regatare… e per mangiare”.

La vela può andare avanti basandosi solo sulla ricerca della velocità, senza creare i suoi personaggi? Dennis non ci crede e la prova è anche lo spettacolo che sta offrendo il Vendee Globe in questi giorni, fedele a se stesso e con una sfida umana di altissimo livello tra Le Cleac’h e Thomson. “La velocità da sola non serve a nulla”, dice Conner, “Quello che conta è il duello relativo, non bisogna però dire che io sono contro lo sviluppo, tutt’altro, solo che il focus deve restare sulle capacità umane, oggi in America’s Cup un computer ti dice quali sono le inclinazioni ideali dei foil, un’altro di porta sulla linea di partenza allo sparo, dov’è la nostra capacità?”.

“La Star è stata parte della mia storia e vincere un campionato del mondo, o anche questa regata in mezzo ai migliori campioni del nostro sport, è qualcosa di tremendamente complicato. La Star League è una splendida idea e sono orgoglioso di averne fatto parte”. Alla fine contano gli uomini, se si pensa solo a far soldi si rischia di sparire. Lo dice Dennis Conner e, in fondo, lo crediamo anche noi.

 

 

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