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World Sailing sull’orlo della bancarotta? E’ battaglia sul futuro della vela internazionale

Londra, UK- World Sailing sarebbe sull’orlo della bancarotta. Alla prossima Conferenza Annuale di Sarasota (27 ottobre-4 novembre) sembra probabile uno scenario da “notte dei lunghi coltelli” contro la gestione del CEO Andy Hunt e del presidente Kim Andersen. Secondo quanto appreso da Fare Vela, ieri 1 ottobre si e’ svolta una Conference Call del Council della federvela mondiale, confidenziale e convocata d’urgenza, in cui appunto e’ stata affrontata la critica situazione finanziaria in cui versa World Sailing. Il piano di rientro si basa, essenzialmente, sull’utilizzo dei futuri contributi del Comitato Olimpico Internazionale, ammettendo di fatto il fallimento dei progetti di sponsorizzazione che non sono andati a buon fine e un’esposizione finanziaria a rischio per i prossimi anni.

Il trasferimento della sede di WS da Southampton a Londra ha portato a un notevole incremento di costi, i soli affitti sono passati da 107.900 dollari a 480.000 dollari, a cui si aggiunge il cospicuo compenso del CEO Hunt, che tra l’altro ha nel suo contratto clausole con buonuscita “impegnativa”. Sono gia’ iniziati i primi tagli sul personale, che nel 2017 aveva compensi per due milioni di dollari, che era lievitato soprattutto alle voci new media e campagne di restyling. In piu’ World Sailing si sarebbe bruciata le riserve, non potendo far fronte a eventuali crisi o, per esempio, a sanzioni da parte della Comunita’ Europea, sulla questione dei monopoli nelle classi olimpiche. Nello specifico, secondo quanto risulta a Fare Vela, il prcedimento e’ arrivato a Bruxelles e le prime valutazioni sarebbero assai critiche verso l’operato di WS.

La questione finanziaria viene osservata con attenzione da una serie di influenti velisti, con ampia esperienza dirigenziale, che sta portando avanti una battaglia sotto lo slogan “rendiamo la vela ai velisti”. Ne fanno parte tra gli altri Tom Ehman, Gus Miller, il decano dei giornalisti velici Bob Fisher, l’ex presidente Paul Henderson, Dingo Schoonmaker.

In particolare le perdite operative gia’ registrate a bilancio per l’esercizio 2017 potrebbero continuare fino al 2020, portando di fatto World Sailing alla bancarotta. Come interverra’ il board di World Sailing?

La visione huntiana di una World Sailing che vuole trasformare la vela in uno show sport, senza tenere conto delle sue caratteristiche fondamentali di disciplina di praticanti e di emulazione, con una corsa alla velocita’ e agli eventi superesclusivi, che di fatto riduce il numero dei praticanti possibili e li lega a fasce di reddito sempre piu’ alte, sta implodendo. I costi aumentano e i promessi sponsor non ci sono.

Andy Hunt, il poco velista CEO di World Sailing, federazione mondiale della vela. Foto World Sailing

La vela, come e’ stato notato piu’ volte, e’ bello farla e la si segue soprattutto in occasioni di grandi eventi con coinvolgimento di tifo (America’s Cup, Olimpiadi) o avventura (grandi regate oceaniche). Per tutto il resto la vela ha bisogno piu’ di tutto dei praticanti, che sono la linfa dell’intyero movimento e il motore dell’economia legata al nostro settore. Proprio qui si colloca la cesura tra quello che era sempre stata la federazione mondiale della vela e il nuovo corso iniziato dall’ex presidente Carlo Croce e portato avanti da Andy Hunt e, non e’ ben chiaro in che forma, dall’attuale presidente Kim Andersen. La vela era diretta e gestita da velisti o ex velisti che, una volta conclusa la propria carriera, diventavano dirigenti. Così, in piccolo, funziona anche la realta’ di praticamente tutti i circoli velici, anche italiani, sparsi nelle coste e nei laghi del Pianeta. Appasionati velisti che diventa(va)no dirigenti. Tutti tranne uno, Andy Hunt, appunto, che non e’ un velista e proviene dal settore del marketing sportivo londinese.

L’attuale board, con il CEO lautamente pagato, vorrebbe quindi creare un’elite sempre piu’ separata in pratica dalla base. Il rischio concreto e’ evidente: perdere il bacino dei praticanti senza peraltro trovare gli sponsor. Creare eventi per una ristretta cerchia di velisti da Grand Prix, senza radunare nessuna reale audience da vendere poi alle televisioni. Il fallimento totale dei progetti di Larry Ellison a San Francisco 2013 e Bermuda 2017, con la Coppa America praticamente invisibile e senza pubblico, ne e’ una prova. E in questo senso dovrebbe essere letto anche l’annuncio, atteso per domani a Londra, in cui Ellison e Russell Coutts ufficializzeranno il SailGP, ovvero il circuito superpro con gli ex AC50 foiling cat. L’ennesimo circuito che servira’ solo a frammentare ancora il calendario e riempire l’ego di pochi straricchi e i portafogli di una ventina di velisti. La Coppa America, per fortuna, e’ altro e questa volta ce l’hanno i kiwi con Luna Rossa come primo sfidante e quella, non un fantomatico GP velico, sara’ la regata da seguire, nel 2021 e con autentica partecipazione popolare, ad Auckland.

Chiuso l’inciso, resta da notare come nella costituzione stessa di World Sailing l’operato finanziario del CEO debba essere sorvegliato dai membri del board e del Council. E questo pare lo scenario attuale, con un confronto tra le federazioni nazionali e il board di World Sailing. La Conferenza di Sarasota promette di essere il campo di battaglia su cui si decideranno le sorti del futuro della vela. E non e’ detto che la vela stessa ne esca tutta intera.

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