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America’s Cup: ecco cosa ci aspetta con gli AC50 nel 2017, un’analisi progettuale

Bermuda- Si è molto parlato della nuova America’s Cup, delle forzature del defender Oracle Racing, del ritiro di Luna Rossa, del continuo cambio di regole, ma ancora poco di quello che effettivamente sarà, dal punto di vista progettuale e tecnico, la XXXV edizione del più antico trofeo sportivo al mondo che, nonostante tutto, resta all’avanguardia della tecnologia velica. Abbiamo chiesto al nostro esperto di multiscafi e foiling Beppe Giannini di fare il punto, a inizio 2016, della preparazione dei sei team iscritti e delle barche che vedremo nel 2017, ovvero gli AC50.

I due AC45Turbo di Oracle in two-boat testing alle Bermuda
I due AC45Turbo di Oracle in two-boat testing alle Bermuda

Per iniziare, quella che può sembrare una pedanteria: la sigla AC50, usata comunemente per designare le imbarcazioni che nell’estate 2017 parteciperanno alla 35esima Coppa, è impropria, dato che Protocollo e Stazza emessi da ACEA parlano solo di “America’s Cup Class”. Dopo le note vicende che hanno visto il passaggio da 62′ a 48′ (con conseguente abbandono di Luna Rossa) e infine (?) a 50′, è facile immaginare che questo sia stato voluto per lasciare le mani ancora più libere ad ACEA, se un domani decidessero l’ennesimo stravolgimento.

Detto questo la grossa novità è che, mentre nelle edizioni precedenti in questo periodo si cercava di immaginare come sarebbero stati i progetti dei vari team, stavolta non dobbiamo aspettare fino a gennaio 2017 (quando, secondo il Protocollo, le barche potranno essere varate): l’AC50 è al 90% un monotipo come il Laser, verrà cioè costruito in diversi cantieri ma con stampi identici al millimetro, su base di un progetto strutturale fornito e stratificazioni imposte. Idem per il fiocco (unica vela “soft” rimasta), rotaia e stecche relative, sartiame e altre parti di dettaglio. Basta quindi guardare uno degli AC45T già approntati da Oracle, Artemis o BAR e scalarlo appena a 50’/15 m di lunghezza degli scafi. La larghezza sarà di 8,5 m con un peso di 2,400 kg.

L'AC45T di BAR
L’AC45T di BAR

Un particolare che si nota subito, oltre alla timoneria a ruota, è la presenza di pozzetti per l’equipaggio: molto apprezzabile dal punto di vista della sicurezza anche alla luce del serio incidente capitato a Franck Cammas, sbalzato in acqua durante una virata e colpito dal foil di un timone.
L’ala è estremamente semplice, senza nessuna delle sofisticazioni viste sugli AC72: un elemento anteriore senza tab o possibilità di twist, e tre grossi flap. Previsto un airbag in testa per il galleggiamento nel caso di scuffia.

Passando alle parti non imposte, le derive avranno certamente un’importanza fondamentale. Ne è permessa la rotazione sia nel piano longitudinale (rake) che è quello che permette di variare l’angolo di attacco della parte portante, sia nel piano trasversale (cant) per variare il rapporto tra portanza e spinta trasversale. I circuiti idraulici per sollevare/abbassare le derive e variare rake e cant saranno ad azionamento manuale, ma la presenza di piccoli polmoni idro-pneumatici dovrebbe alleviare un po’ il lavoro dei grinder. Sono permesse due paia di derive e, considerando che il vento alle Bermuda è abbastanza variabile, è presumibile che un set sarà da velocità e l’altro per condizioni di foiling più marginali. Per contro, anche se gli AC45T hanno già raggiunto punte sui 40 nodi, è dubbio che su quel campo di regata si incontrino venti che permettano di raggiungere i 45 nodi, dove dovrebbe trovarsi il “muro” della cavitazione dei foil convenzionali.

AC45T di BAR. Si nota il pistone per la regolazione del rake di una deriva
AC45T di BAR. Si nota il pistone per la regolazione del rake di una deriva

Anche i timoni saranno dotati di superfici orizzontali (stabilizzatori), e il rake variabile permetterà di regolare l’assetto alle varie andature, rendendo molto più stabile il foiling specie di bolina.

Alla fine, la parte visivamente più diversa tra le barche dei vari team sarà la carenatura della piattaforma: particolare non secondario, non solamente considerando l’intenso vento apparente sempre di prua, e specie in foiling di bolina. Ma altrettanto importante è diventato il sigillo aerodinamico della base dell’ala, che crea un “effetto specchio” raddoppiandone quasi l’allungamento e riducendo quindi la resistenza indotta.

Anbcora Il T di BAR. in evidenza timoneria a ruota e longherone della piattaforma, su cui poggia l'ala
Ancora Il T di BAR con Ben Ainslie al timone. in evidenza timoneria a ruota e longherone della piattaforma, su cui poggia l’ala

Circa gli aspetti costruttivi, c’è da dire che i requisiti di nazionalità (nelle intenzioni degli originatori della Coppa, questa doveva essere disputata su yacht rappresentanti il meglio di cantieristica e capacità progettuale del Paese di ogni team) sono ridotti a una parodia: basterà in effetti stratificare “in Country” la pelle esterna di una prua per una lunghezza di 2,7 m, e poi la si potrà spedire in un cantiere di un altro Paese che costruirà tutto il resto usando i propri stampi. In primis il Defender USA Oracle, che sta continuando a utilizzare Core, la sua facility in Nuova Zelanda.

Un aspetto dove si è evidentemente tenuto conto dei problemi che si sono manifestati su Artemis prima della 34esima Coppa a San Francisco (con il noto incidente mortale), è che adesso vengono imposti test statici strutturali per piattaforma e ala.
Peraltro la costruzione è abbastanza low-tech con sacco a vuoto e solo la trave a D che costituisce bordo di attacco e longherone dell’ala, derive e timoni cotti in autoclave.

T di BAR ripreso durante la scuffia, offre una panoramica della barca (e dei futuri AC50)
T di BAR ripreso durante la scuffia, offre una panoramica della barca (e dei futuri AC50)

Si può quindi dire che, in teoria, una partecipazione “low-cost” alla Coppa non è mai stata così economica. Però, come si è anche visto a San Francisco, le elevate velocità dei multiscafi amplificano la differenza di prestazioni per cui un team con una messa a punto appena inferiore farebbe una ben misera figura.
Proprio su questo aspetto e per l’addestramento degli equipaggi, tutti i team dispongono da tempo di tutto l’inventario di barche foiling disponibili: si va dai Moth ai Flying Phantom, Nacra 20FCS, GC32, e infine agli AC45F che sono la conversione su foil dei “vecchi” AC45, ai quali sono riservate le regate delle AC World Series. Ma gli AC45F, come pure gli AC45 ulteriormente modificati come quelli ex-Luna Rossa ceduti ai kiwi, sono troppo inferiori ai futuri AC50 per essere degli addestratori ideali.

Il GC32 di Team Japan sullo sfondo del Fukijama, impegnato nella selezione di equipaggio giapponese
Il GC32 di Team Japan sullo sfondo del Fukijama, impegnato nella selezione di equipaggio giapponese

Questo ruolo è invece ricoperto alla perfezione dagli AC45T (o S come li chiama Oracle), che vale la pena di esaminare un po’ più in dettaglio. Nel linguaggio contorto del Protocollo, sono “non-surrogate boats” ossia le uniche barche sopra i 10 m che i team possono usare in questo periodo, e che hanno come solo requisito quello di avere scafi con la stessa opera viva degli AC45. Per il resto, possono essere più larghe (e quindi più potenti), con traverse più rigide e carenate, derive diverse con regolazione completa. Particolare curioso è che, mentre gli AC45F hanno batterie come fonte di energia per gli azionamenti, i T sono invece tornati ai grinder: questo evidentemente per essere come gli AC50, dove sistemi idraulici parsimoniosi di energia manuale saranno fondamentali.

Jimmy Spithill al timone di uno dei due AC45T del defender Oracle
Jimmy Spithill al timone di uno dei due AC45T del defender Oracle

In pratica, tutta l’attività significativa dei team nel 2016 si svolgerà su queste barche, sia come addestramento degli equipaggi che verifica dei vari aspetti progettuali. Le ore accumulate saranno un buon indice della competitività, in particolare una prima discriminante sarà vedere quali team potranno schierarne due e portare avanti un programma di prove comparative.

Non sorprenderà sapere che Oracle è al momento largamente in testa in questa classifica, facendo two-boat testing da diversi mesi e apprestandosi addirittura a mettere in acqua un terzo T. Segue Artemis, con un T a disposizione da molto e il secondo pronto tra poco, poi BAR con un T più recente (protagonista di una scuffia con discreti danni all’ala) e il secondo in arrivo a primavera. Poi Team Japan, che ha appena ricevuto il primo T dismesso da Oracle. Ennesimo caso di rapporto incestuoso tra il Defender e un Challenger ma tant’è, sempre niente rispetto al fatto che Oracle regaterà a pieno titolo nella fase iniziale delle selezioni, i Qualifiers. Infine Team France, con un T in costruzione.

La base di Land Rover BAR a Portsmouth
La base di Land Rover BAR a Portsmouth

Fattore collegato è la presenza dei team sul campo di regata, notoriamente insidioso. E anche qui Oracle ha impiantato la sua base principale da tempo, ospitando temporaneamente Team Japan. Artemis sta ultimando la propria, guardandone la struttura massiccia (totalmente diversa dalle tende usate dagli altri) e dichiaratamente a prova di uragano, viene in mente la favola dei tre porcellini…
BAR non ha intenzione di lasciare a breve la fantasmagorica sede di Portsmouth, completa di scritte motivazionali di Churchill e Lord Nelson. C’è comunque da dire che Oracle, Team Japan e Artemis hanno monopolizzato tutto il poco spazio libero alle Bermuda. Le autorità locali, evidentemente non condizionate da ambientalisti e valutazioni di impatto ambientale, stanno sì procedendo con dragaggi e colmate che manco i cinesi alle Spratly, ma in ogni caso le nuove aree non saranno disponibili prima della seconda metà dell’anno.

La base di Artemis in costruzione alle Bermuda
La base di Artemis in costruzione alle Bermuda
I lavori di dragaggio alle Bermuda
I lavori di dragaggio alle Bermuda

Per concludere, finora non si è parlato di Team New Zealand, e sembra proprio un caso di sic transit gloria mundi: il team ha persino subito l’ignominia dello sfratto dalla sede storica di Halsey Street ad Auckland, e ha dovuto trasferirsi sui terreni della ex base Luna Rossa a Westhaven. A parte la prevedibile ma traumatica giubilazione di Dean Barker (peraltro brillantemente sostituito dallo “young gun” Peter Burling) e la promozione a latere di Grant Dalton, il team è stato spolpato a livello progettuale dalla concorrenza. Ma soprattutto evidentemente sussistono problemi di budget, aggravati dalla cancellazione da parte di ACEA dell’evento di World Series ad Auckland e la conseguente mancanza del contributo governativo, e dalla sorprendente indifferenza se non addirittura ostilità dell’opinione pubblica neozelandese.

L'AC45 foil di ETNZL ex Luna Rossa nel Golfo di Hauraki. Foto ETNZL
L’AC45 foil di ETNZL ex Luna Rossa nel Golfo di Hauraki. Foto ETNZL

Fa veramente tristezza vedere che hanno dovuto aspettare fino allo scorso mese per scendere in acqua con l’ormai vecchia barca ex Luna Rossa, ed è preoccupante che anche nelle più recenti dichiarazioni non si faccia menzione della costruzione di un T. Eppure la classe non è acqua, e i kiwi quasi senza allenamento si ritrovano attualmente in testa alle World Series. Non resta che sperare che possano in qualche modo riprendere il posto che compete loro. (Beppe Giannini)

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1 Comment

  1. Le megattere vengono in aiuto dell'America's Cup? - Farevela
    January 27, 2016 @ 16:35

    […] riportato in un articolo precedente, gli AC50 future barche per la Coppa America del 2017 e gli AC45T che le prefigurano per […]

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