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America’s Cup: a fine settembre i primi dettagli, come sarà il monoscafo del futuro?

Auckland, Nuova Zelanda- Come sarà la prossima America’s Cup? “A sentire Grant Dalton e Matteo De Nora, guide carismatiche del defender Emirates Team new Zealand, la numero 36 che si disputerà nell’estate australe 2020-2021 ad Auckland sarà uno spettacolo: “Grandi e potenti monoscafi in una classe a formula, altamente tecnologica, match race ravvicinato e velisti di altissimo livello”, rivela Dalton in un’intervista pubblicata da La Stampa. In pratica quello che la stragrande maggioranbza del mondo velico e degli appassionati più in gererale si aspetta.

Il Tp52 di ETNZ in una delle passate edizioni del circuito. Sarà qualcosa di simile, magari sugli 80 piedi, il nuovo monoscafo della Coppa?

Il ruolo di Patrizio Bertelli e di Luna Rossa/Prada è stato decisivo nella riconquista della Coppa da parte dei neozelandesi, con supporto tecnologico e logistico nel momento che sembrava più buio per i kiwi dopo le forzature oracliane (che avevano portato anche al ritiro di Luna Rossa come sfidante alla Coppa numero 35). Lo è stato anche nella scelta del monoscafo, posto come condizione da Luna Rossa per il suo supporto. Passaggio annunciato una settimana fa dallo stesso Bertelli e confermato poi da ETNZ. E se il cerchio si completasse con una Prada Cup, come anticipato da La Gazzetta dello Sport, con la fashion house che rileverà il ruolo di Louis Vuitton avuto nella selezione degli sfidanti?

I primi dettagli arriveranno il 29 o 30 settembre prossimo ad Auckland (in Italia sarà la notte del 28 o del 29), con l’annuncio del nuovo Protocollo e le specifiche della nuova classe Coppa America programmate per il 30 novembre prossimo. Ma come sarà questa barca, che certamente appassionerà milioni di spettatori in tutto il mondo e sicuramente in Italia, Paese che per la Coppa “tifata” ha sempre avuto un debole? Sono migliaia gli appassionati che hanno salutato con un “finalmente, era ora”, l’annuncio dei monoscafi e non sono meno quelli che non vedono l’ora di ripetere le notti insonni per seguire la Coppa in diretta.

D’altra parte tali numeri non fanno che ribadire le percentuali rali, ovvero che la stragrande maggioranza dei velisti praticanti naviga su barche monoscafo, più o meno veloci, e che riconosce nel combattimento ravvicinato, nello sforzo dei velisti, nelle loro intuizioni e capacità, nelle vele che vanno su e giù o che magari scoppiano, la vera ragione d’interesse della Coppa America. Una sfida difficilissima da conquistare e che “oltre a dei privilegi dà al defender anche l’onere di salvaguardarne i valori sportivi”, come spiega Dalton con rara efficacia citando anche il Deed of Gift. Cosa che il precedente defender, sonoramente battuto alle Bermuda a inizio estate, non ha fatto. Chiaro e semplice.

Monoscafi, quindi. Dalla descrizione daltoniana, che puntualizza anche come i catamarani foilanti non sarebbero stati il massimo nel chop del Golfo di Hauraki, si potrebbe ipotizzare qualcosa di simile ai più recenti Tp52 ma più in grande, diciamo sugli 80 piedi, circa 24 metri. Il massimo della tecnologia, dislocamenti ultraleggeri, per velocità teoriche sui 13-14 nodi in bolina e 23-25 in poppa con vento medio. Numeri più che sufficienti per dare spettacolo, anche perchè consentirebbero di mantenere vicine le barche, condizione indispensabile per creare incertezza e suspance. La tecnologicamente affascinante parentesi degli AC50 foiling e delle loro strabilianti velocità resterà quello che è stata: uno spettacolo di tecnologia, ideale per competere in specchi d’acqua protetti in sfide basate sulla ricerca estrema della velocità. Ma il pubblico vuole ben altro e il salto in avanti ai monoscafi promette di soddisfare la domanda di Coppa che si percepisce nel nostro mondo e anche un po’ più in là. Se ne parlerà anche al prossimo Salone Nautico di Genova, con un dibattito aperto organizzato dalla FIV nel pomeriggio di venerdì 22 (ore 15, Teatro del Mare).

Da sinistra: Dalton, Burling, De Nora e Ashby con la Coppa. Emirates Team New Zealand won the 35th America’s Cup vs Oracle Team Usa 7-1. Foto Borlenghi

Sì, perchè non saranno certo monoscafi simili agli ACC del 2007, relativamente lenti, ma dei monoscafi di nuova concezione, da vedere se con parziale utilizzo di tecnologia foil (ma non ci scommeteremmo). Un ritorno al futuro, quindi, che sembra destinato a non deludere le attese.

In più il certo inserimento della regola della nazionalità, che riguaderà una percentuale di velisti che dovranno essere della nazione di appartenenza della sfida. E l’Italia ci sarà. Luna Rossa/Prada è il challenger of record, ma anche da Mascalzone Latino si sentono voci d’interesse, così come da ambienti dello YC Italiano o del Costa Smeralda.

Il salto ai monoscafi, come del resto aveva già fatto il passaggio ai multiscafi e al foil, condizionerà poi gran parte del movimento velico e si può scommettere su una ripresa del circuito di match race e l’applicazione di tecnologia foil-assisted su monoscafi, come già si sta vedendo negli Imoca 60 oceanici e nelle future Volvo Ocean Race.

Facile ipotizzare 8-10 sfidanti per la prossima edizione della Coppa, che sarà anticipata nel 2019 e 2020 da regate preliminari, disputate “con la stessa classe di barche con cui si disputerà la Coppa nel 2021”, ha specificato Dalton. Sarà certo spettacolo e, a ben vedere, la fase oracliana sarà tra qualche anno probabilmente ricordata come una piccola parentesi, e neanche troppo significativa, nella storia ultracentenaria dell’America’s Cup.

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1 Comment

  1. Beppe Giannini
    September 18, 2017 @ 17:37

    Più che simile ai TP52, la nuova classe dovrebbe essere sulla falsariga del Melges 40, con chiglia basculante ad azionamento (presumibilmente anch’esso monotipo Cariboni) elettrico. Questo anche per limiti di pescaggio nel porto di Auckland. Del tutto irrealistica l’ipotesi foil, dato che ad oggi c’è solo l’esperienza degli ultimi IMOCA, barche progettate esclusivamente per andature portanti e vento forte: non si capisce quindi come sarebbe possibile elaborare da subito addirittura una box rule. E poi notoriamente l’unico progettista competente sarebbe Guillaume Verdier …
    Il nutrito programma di regate preliminari rafforza l’ipotesi di due barche per team; sarà interessante vedere se il Protocollo cercherà di limitare i costi, in particolare con l’imposizione intelligente di parti One Design

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