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America’s Cup: Stefano Beltrando, “Sì, la Coppa degli AC50 è stupenda”

Stefano Beltrando è uno dei più affermati professionisti italiani che operano nella grande vela internazionale. Strurrista di prim’ordine con la sua QI Composites, Beltrando era alle Bermuda con Artemis Racing, il team che ha combattuto sino alla fine con ETNZL nella finale di Louis Vuitton. Da lui riceviamo questo interessante commento su quanto si è visto sin’ora nella 35th America’s Cup.

A Valencia 2007 c’era più pubblico: Vero

A Valencia 2007 c’era più partecipazione dei media ed esposizione televisiva: Vero

A Valencia 2007 c’erano più team: Vero

Iain Percy, Nathan Outteridge, rispettivamente tattico e timoniere di Artemis. Foto Borlenghi

A parte i punti di cui sopra, per tutto il resto la XXXV edizione della Coppa America, disputata a Bermuda è stata stupenda. Il posto, semplicemente meraviglioso, la spettacolarità delle barche e delle regate non ha bisogno di spiegazioni.

Nel 2007 io ero a Valencia, vedevo le regate in diretta oppure dagli schermi giganti disposti nel porto però per godermi le regate, il giorno dopo leggevo le cronache su farevela.net. Quello era spettacolare, leggere i testi tra l’ironico e la trance agonistica che descrivevano regate che per non annoiarmi io vedevo in un secondo tempo, mandando avanti 8X la velocità di riproduzione. La regata di per sè era quasi sempre noiosa ma veniva trasfigurata nella descrizione. Quando nelle semifinali LVC, Giacomo Sputacollina diventa il nome con il quale si battezzava James Spithill sono diventato un lettore avido delle cronache su queste colonne. Il ricordo è legato al racconto della regata, non alla regata stessa, questo è il punto.

Rimpiangere Valencia e i monoscafi è un atto di nostalgia, non il risultato di un’analisi oggettiva. Mi ricordo che qualche anno fa ci si chiedeva, dove sono i talenti, gli olimpionici, le medaglie olimpiche sulle barche di coppa? Oggi su BAR, un team che è stato buttato fuori malamente in semifinale si poteva contare una collezione di medaglie olimpiche tra Ben, Gill Scott e Xabi Fernandez.

Il livello agonistico di questa edizione è stellare, inutile negarlo, oltre alla densità di medaglie olimpiche, curriculum storico all’interno della coppa stessa, c’è stata una preparazione maniacale degli equipaggi, mai vista prima.

La tecnologia di questa Coppa ha richiesto contributi corposi da parte del mondo aeronautico, automotive e software. Team come Artemis hanno di fatto “aperto” un vero e proprio cantiere per realizzare i propri componenti (questo avveniva anche nel passato) ma questa volta hanno acquistato autoclavi, cleanroom, plotter, frese a controllo numerico e tutti gli ammenicoli necessari nel mondo aeronautico per produrre ad altissimo livello quei componenti che qualunque cantiere medio non era in grado di fornire neanche lontanamente.

Louis Vuitton America’s Cup Challenger Playoffs Finals Day 3 – Emirates Team New Zealand. Foto Borlenghi

Sulla classificazione dei team in A e B sono davvero perplesso. Chi sarebbe un team B? Japan??? Quel perdente del suo skipper mr. Dean Barker, ha perso tre finali di Coppa America. Il miglior velista della storia italiana non è mai stato lontanamente “perdente” tanto quanto Barker, dato che nessun timoniere italiano ha fatto tre finali di coppa. Il suo tattico, Chris Draper era il timoniere di Luna Rossa 2013, che nessuno oserebbe definire B team.

Di serie B perché hanno avuto il pacchetto di ricerca di Oracle? Chi l’avrebbe rifiutato, considerando che da quel punto in poi potevano svilupparlo come più gli piaceva? No Barker &Co non hanno regalato un millimetro a nessuno. Team B erano forse quelli che a Valencia si erano presentati con aspettative pari a nulla, e in alcuni casi pure senza entusiasmo come i Cinesi, i francesi di Areva e i tedeschi. Che poi le regole sul one design, il cantiere kiwi che vende a tutti, il punto ai detentori se vincono i round robin siano per lo più regole folli è sacrosanto, ma è un altro discorso.

Se ci limitiamo a guardare le regate e le barche questo è un evento stupendo. Quindi credo che il punto sia riuscire a esprimersi privi di pregiudizi e non mescolare l’antipatia verso Russel Coutts con la spettacolarità innegabile di una foiling jibe. (Stefano Beltrando)

Per arricchire il contributo di Beltrando, ripetiamo quanto già scritto. Questa Coppa, con due team dalle prestazioni simili o equivalenti, è spettacolare e supertecnoclogica. Vi sono i campiossimi (la lettura di Percy del campo di regata nelle due vittorie di Artemis è stata di assoluto valore, la freddezza di Burling nel portare la barca al massimo delle sue possibilità altrettanto), manovre da fantascienza (le virate con semirollio in bolina o le foiling jibe dei kiwi sono da urlo), tattica esasperata (c’è, eccome, a velocità quadrupla, che addirittura moltiplica vantaggi o svantaggi presi da una decisione giusta o errata), il meglio dei velisti internazionali (e si vede). L’AC Match tra kiwi e Oracle sarà una sfida epocale da non perdere. Come nota lo stesso Beltrando altro tema è quello delle regole, e su questo Oracle ha molto da farsi perdonare. Ma la Coppa degli AC50 sarà uno spettacolo.

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5 Comments

  1. Giancarlo Basile
    June 16, 2017 @ 07:51

    D’accordo, tutto vero ciò che dice Stefano Beltrando. Bisogna però capire che quando si è spesa una vita da “velisti tradizionali”, non è facile adattarsi rapidamente al nuovo modo di andare a vela in regata: niente più spinnaker, due terzi dell’equipaggio impegnati a produrre energia e basta, secondo chi sostiene che l’andatura va riferita al vento apparente ora esiste solo la bolina, più o meno stretta, insomma da quando le barche “volano” è tutto radicalmente cambiato e non è detto che il campione di una volta lo sia anche oggi. D’altra parte questo è il progresso, se non lo accetti ti ritrovi a rimpiangere
    il passato.

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  2. Luca Impallomeni
    June 16, 2017 @ 08:24

    Siamo felici che al signor Beltrando questa Coppa piaccia, ma il suo è un piacere (un interesse) personale e professionale. Suo e del suo sparuto circoletto di velisti e professionisti del settore. Peccato che il suo piacere non possa condividerlo con il mondo, perché come lui stesso scrive nella premessa:meno pubblico di 10 anni fa, meno tv di 10 anni fa, meno media di 10 anni fa, meno team di 10 anni fa. Tutto quello scritto dopo quei tre primi punti fondamentali di premessa, che sono un’analisi perfetta della situazione, è fuffa.

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  3. Claudio Saporito
    June 16, 2017 @ 12:16

    Sono in completo disaccordo con il Sig. Beltrando. Io non parlerei di nostalgia, ripensando ai monoscafi, semmai parlerei di una nuova formula sportiva, riferendomi ai multiscafo su foils. Secondo me, queste nuove edizioni, non sono un evoluzione della America’s cup, semplicemente sono un’altra cosa. Sarebbe come fare le gare di coppa del mondo di sci, con lo snowboard. Nessuno metterebbe in dubbio la valenza tecnica ed agonistica, degli eventuali nuovi sciatori, ma come accennavo prima, sarebbe un’altra cosa. Io mi sono sforzato di accettare queste nuove formule. mi sono guardato anche diverse regate, trovandole di una noiosità mortale. Questi mostri, che filano a 40 nodi, non hanno bisogno di leggere il vento, finita l’era dei buoni e degli scarsi. chi vince il duello della prima boa (salvo rare eccezioni) ha vinto la corsa (perché di questo parlerei). Gli AC50 corrono veloci fino all’estremo del campo di regata e poi virano, per raggiungerne il lato opposto. nessuna possibilità di recupero dell’equipaggio che segue, salvo appunto una decisa differenza di velocità, tra i due AC. Insomma da velista dilettante quale sono, ho perso ogni interesse per questo evento (ovviamente questo non interessa a nessuno . . . . era solo un mio sfogo). Saluti.

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  4. Alessandro Giombetti
    June 16, 2017 @ 12:27

    Non sono d’accordo con Beltrando.
    Credo che i catamarani non siano adatti per il match race, in questi gg di match race se n’è visto molto poco (sempre in differita chiaramente).
    Credo che siano pericolosi e faccio scongiuri a non finire sperando che finisca prima possibile, ovviamente con vittoria dei Kiwi.
    Dovremmo sempre avere a mente cosa è successo in questi anni con gli AC72 e poi con gli AC45.
    Sono invece d’accordo sul concetto del monotipo o quasi (una box rule ad es molto più stringente dei vecchi CA)
    Un 60 piedi planante con gennaker potrebbe regatare senza problemi da 4 a 30 nodi.
    Per finire: qualcuno può affermare che il MR di Londra 2012 è stato noioso perchè non andavano a 35 nodi di bolina ?

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  5. Mac
    June 17, 2017 @ 07:03

    A Valencia nel 2007 c’ero anch’io (tra il pubblico, ovviamente) e confermo quanto detto da Bertrando: le regate si vedevano meglio in TV o negli schermi giganti del porto, che in mare, i colpi di scene erano dovuti principalmente a salti di vento quando gli equipaggi sceglievano campi diversi, la durata delle regate eccessiva, altissima la probabilità di non riuscire a disputarle per troppo vento o troppo poco e, infine, le performance della singola barca determinavano a priori in modo quasi assoluto il vincitore.
    Quindi si, gli AC50 “volanti” sembrano quasi una gara di MotoGP, al cui confronto le “vecchie” edizioni di America’s Cup potrebbero assomigliare ad una gara automobilistica endurance come la 24 ore di Le Mans, nel corso della quale l’unica spettacolarità è rappresentata da incidenti, rotture del motore e poco altro.
    Ma ciò che forse Beltrando (volutamente?) trascura é il fascino di un trofeo velico (il più antico del mondo) attorno al quale ha sempre girato il jet set internazionale, da Sir Lipton al Barone Bic, da Bertelli (con la sua Luna Rossa che tanto ci ha fatto sognare ad Auckland) a Bertarelli e via così.
    Gli AC50 potrebbero diventare una nuova formula sportiva, velocissimi, audaci, in cui la bravura dell’equipaggio é determinante al 70%….. ma l’America’s Cup é un’altra cosa: spettacolo in acqua, ma ancor più a terra, tycoon che si sfidano a suon di milioni come dei ragazzini che litigano durante una gara di biglie in spiaggia, ospiti d’eccezione a bordo, budget stellari e copertura mediatica di portata planetaria.
    Ho sentito più volte parlare di contenimento dei costi, ma non mi pare che la campagna inglese o quella svedese siano state così economiche….. tanto di cappello, semmai, ai neozelandesi, che ancora una volta hanno dimostrato sempre e comunque gli unici veri sfidanti.
    Insomma, le regate con i monoscafi della America’s Cup classica saranno forse un po’ più noiosi di un match race tra catamarani volanti, ma il fascino del più antico trofeo del mondo é ben altra cosa: é una sfida tra magnati, un duello ottocentesco tramandato fino a noi!
    Ben vengano i Dennis Conner, i Russel Coutts, gli Ian Percy, ecc ma non dimentichiamoci che senza i soldi di Ellison, Bertarelli, Bertelli, l’Aga Kahn, Bic, Lipton tutto questo interesse per il trofeo delle cento ghinee si sarebbe esaurito già da decenni.

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