Les Sables d’Olonne, Francia- Il successo del Vendee Globe è dato dalla sua autenticità. Per comprendere cosa sia davvero il Vendee Globe, pubblichiamo il resocondo del viaggio a Les Sables d’Olonne, in occasione della partenza del giro del mondo in solitario, scritto e inviatoci da Emanuele Bravin, attivo armatore e dirigente sportivo con base nella costa toscana.
“Al Vendée Globe non si va per vedere la partenza, tantomeno la regata.
A Les Sables d’Olonne si va per incoraggiare gli skipper che hanno deciso di compiere l’impresa. Perché il Vendée Globe è probabilmente la più ardua e ardita delle possibili imprese da intraprendere sul nostro pianeta.
Ventinove navigatori, in solitario, senza scalo e senza possibilità di qualsiasi aiuto esterno, partono per fare il giro del mondo a vela.
Ognuno di loro con un obiettivo diverso, chi per vincere, chi per misurarsi con se stesso.
Le loro barche sono il meglio della tecnologia possibile, sono mostri di 60 piedi (oltre 18 metri), che in completa autonomia navigano per tre mesi circumnavigando il globo lungo la clipper route: da Les Sables-d’Olonne, giù per l’Oceano Atlantico fino al Capo di Buona Speranza, per poi procedere in senso orario attorno all’Antartide, lasciando a sinistra Cape Leeuwin e Capo Horn, infine di nuovo verso Les Sables d’Olonne.
Quello che succede a Les Sable d’Olonne nei giorni della partenza è indescrivibile.
Nel tranquillo paese della Vandea, che normalmente conta poco meno di quindicimila abitanti, si riversano oltre trecentocinquantamila persone, giunte da tutto il mondo per incoraggiare gli skipper mentre sfilano nel canale che dal porto conduce all’Atlantico.
Il canale è lungo circa un miglio e viene percorso circa in un quarto d’ora scaglionando le partenze dai pontili ogni cinque minuti, a partire dalle nove e quarantacinque del mattino.
Per veder le barche però ci si deve alzare presto, perché trecentocinquantamila persone sono davvero tante, e così alle quattro del mattino già si va a prendere i posti lungo il canale.
A quell’ora fa freddo, è buio e le boulangerie sono ancora chiuse, ma già si respira aria di festa. I velisti fanno presto a socializzare e così tra suoni di cornamuse, corni da nebbia e bengala che illuminano a giorno, si aspetta l’alba.
L’organizzazione di un simile evento è oltre ogni immaginazione, per far passare il tempo a chi fin dalla notte è in attesa della partenza, una nave simile a un rimorchiatore, percorre il canale con un gigantesco maxischermo con i video delle barche in allenamento, i gommoni della equivalente Capitaneria di Porto passano incitando il pubblico a intonare canzoni e battere le mani, fin quando il canale si svuota e le prime barche iniziano a mettere la prua verso il mare.
Non ci sono preferenze, ognuno dei ventinove atleti viene incitato allo stesso modo.
Non ci sono personalismi da parte del pubblico, ognuno è lì solo per gli skipper.
Non ci sono striscioni che incitano un singolo atleta, non ci sono guidoni di club né nient’altro che possa distrarre dall’obiettivo: si va a Les Sables d’Olonne solo per incoraggiare gli eroi che sfidano gli oceani.
Dalle quattro del mattino, ragazzi, bambini nei passeggini adulti e anziani, nella gelida notte atlantica aspettano il passaggio degli skipper. Non si va per vedere, non per godere di qualcosa che piace, ma per dare loro coraggio. E’ un concetto molto duro per noi italiani. Ma in Francia, la vela è questa.
Ma in ogni caso il Vendée Globe è un evento anche socio culturale, alle spalle del porto viene allestito il villaggio della vela, dove oltre al pontile degli IMOCA 60, questo il modello delle barche, ci sono spazi espositivi, musei multimediali e punti di aggregazione. E dietro il porto, c’è una intera regione in festa per la regata. Ogni casa, ente o attività commerciale di ogni paese espone le icone della manifestazione e ogni scuola è coinvolta in percorsi di approfondimento e intere classi elementari vengono portate e visitare le barche sui pontili o in giro per il porto dove membri della organizzazione illustrano la manifestazione.
A Les Sable d-Olonne si va con un viaggio di 15 ore in macchina (da dove vivo io) e si sta al freddo una notte intera, e lo si fa per dare coraggio a quei ragazzi che, nonostante la tensione e la carica adrenalinica, hanno l’umiltà di commuoversi lungo il canale d’uscita.
C’era un solo enorme striscione appeso ai basamenti della darsena, sul quale c’era scritto “all you need is globe!”; forza ragazzi, fate presto. Noi saremo ad aspettarvi”.
Emanuele Bravin
Raffaele Ronchini
November 11, 2016 @ 09:35
Bravo Emanuele! C’ero anche io con la mia famiglia ed è stato magnifico. Un sogno. Per fortuna che la Francia e’ vicina…ed in fondo con “poco” possiamo vivere queste emozioni.
Ora ho capito perché i francesi sono così forti in queste regate. Quando da bambino vedi tua nonna che si sveglia alle 5 per andare a salutare gli skipper…
Un abbraccio
Raffaele