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America’s Cup: c’erano una volta le scotte…

Bermuda– C’erano una volta le scotte, i timoni e le drizze. E gli uomini che le regolavano con intuito, esperienza e talento. Era la vela, insomma, quella che ai massimi livelli portava all’America’s Cup. Barche supertirate, tecnologiche per le varie epoche, ma pur sempre regolate da uomini detti velisti.

La nuova Coppa America pare voler dimenticare secoli di sapienza ed eredità tecnica per cercare di copiare quanto di più lontano vi sia dalla vela, ovvero l’automobilismo. Per essere più precisi, quella Formula 1 che brucia tonnellate di carburante ma che sempre più spesso viene citata a modello o esempio da chi l’attuale Coppa gestisce e con cui mette insieme molti guadagni divisi tra pochissimi eletti.

James Spithill mostra la nuova ruota degli AC45T, che richiama il volante con i pulsanti di una F1
James Spithill mostra la nuova ruota degli AC45T, che richiama il volante con i pulsanti di una F1

Le vecchie scotte sono sempre più spesso sostituite da bottoni up and down che regolano i foil o i carichi. Certo, tecnologia e innovazione non si possono fermare e la vela si evolve come tutto quanto. Nello specifico i foil e il modo di regolarli porteranno i prossimi AC50 in regata tra cinque mesi alle Bermuda ben sopra i 40 nodi in poppa e intorno ai 25 in bolina. Sarà un bel vedere, almeno per una manciata di minuti… L’apporto umano sembra, però, destinato a essere sempre più limitato a meri esecutori di tabelle che gli ingegneri aerodinamici avranno stabilito in precedenza su dei computer. I grinder gireranno a più non posso per immagazzinare l’energia, le barche saranno iperfisiche e tutto si svolgerà a velocità mai viste prima, ma il fascino di un tacking duel o di una battaglia di strambate pare destinato all’oblio, sacrificato sull’altare di una velocità sempre più fine a se stessa e, alla fine, anche un po’ noiosa. Proprio come quella Formula 1 che si cerca di imitare.

Staremo a vedere, certo è che vedere il nostro Francesco Bruni che spiega le funzioni dei “bottoni” nei pozzetti degli AC45 Turbo di Artemis fa un po’ sospirare di nostalgia, abituati com’eravamo ai dettagli di una vela o di una manovra.

In questo video prodotto di Artemis (a partire dal miniuto 6:00) proprio il velista palermitano illustra la tecnica di regolazione dell’interfaccia di controllo dei foil e il modo per effettuarla. Un lavoro a tre dimensioni e in due fluidi diversi (aria e acqua), in cui bastano pochissimi gradi di differenza per determinare prestazioni radicalmente diverse. “Non si tratta più di andare solo a destra o a sinistra con i timoni ma anche su e giù con i foil”, spiega Bruni.

Certo che se, come dicono nel video, la chiave per vincere la Coppa sarà premere i pulsanti giusti come su un volante di Formula 1…

Qui un buon articolo che illustra le funzioni e i comandi nei pozzetti dei vari AC45 T: http://www.cupexperience.com/blog/2017/1/closeup-photos-details-test-boats/

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4 Comments

  1. Nuvola
    January 23, 2017 @ 17:34

    Hai ragione Michele,
    i bottoni non sono andare a vela, i computer hanno tolto il piacere delle regolazioni basate sull’esperienza, intuito e talento.
    Le regate dureranno una manciata di minuti (hanno di nuovo modificato il regolamento per farle durare così poco?) e senza tacking duel o le amatissime strambate no sono vere regate.
    E poi – orrore! – così si avvicina la vela alla F1. Puzza di benzina, arricchiti parvenu che si aggirano per i box, fredde e ciniche aziende come sponsor invece che gentiluomini dai ricchi forzieri, tute ignifughe e caschi che tolgono i fascino del sale incrostato sui capelli o sulla barba.
    E vogliamo dire qualcosa anche della sede? Le Bermuda! No, dico. Ma non potevano scegliere un posto un po’ meno pacchiano? Seattle andava benissimo, posto da veri marinai, mica da velisti da noleggio come le Bermuda! Santoddio! E’ l’Americas Cup, mica il trofeo Kiriacoulis!
    E sono così d’accordo con te che sarei per obbligare le imbarcazioni per la AC ad avere gli scafi rigorosamente a chiglia lunga esclusivamente in legno autoctono tagliato a mano, i bozzelli in legno, gli argani al posto dei winch , la progettazione degli scafi basata sui sassi messi in fila sul pavimento del cantiere. Ma che W. Fife aveva il CAD o i VPP? Eppure ha disegnato Vere Barche a Vela, con scotte in corda da tirare a mano, mica ‘sti cosi senz’anima come gli AC50.
    E per consentire a tutti di apprezzare la Vera Vela e diventare Veri Velisti e non miseri vagabondi nel mar Tirreno che godono dello zonzolare in barca a vela e non apprezzano l’arte che solo il Vero Velista ha di regolarla alla perfezione, io se fossi in te chiederei a gran voce a tutti i cantieri di eliminare innanzitutto l’autopilota dai loro optional, poi il piano e gli stopper, i winch soprattutto se selftailing, i bottoni per far fare su&giù a qualsiasi cosa, che sia la randa, l’ancora o un foil, il motore entro o fuoribordo, perché – puzza di carburante a parte che disgusta tutti i Veri Velisti che non smotorano mai nemmeno in Adriatico – i Veri Velisti la manovre in porto le fanno a vela, diamine! E la stazione del vento???? Via, i Veri Velisti si affidano alla sapienza e all’eredità tecnica dell’umidificazione del dito.
    I “mitici” J Class, esempio indelebile della Vera Vela, portarono una lunga serie di migliorie che poi si sarebbero riversate sui comuni mortali:
    – L’armo bermudiano
    – Sartie in acciaio e non in corda (si, le scale dei pirati erano ancora in vigore fino a inizio ‘900)
    – Le crocette sull’albero
    – I verricelli (mi ricordo, ma non trovo riscontro, che i primi winch elettrici furono installati sul J Class Enterprise nel 1930, con una serie di beghe sul calcolo del peso delle batterie … diamine Michele, un bottone per fare su&giù su un J Class!)
    – Gli strumenti di navigazione elettronica (presi da quelli aeronautici)
    – Il boma Park Avenue
    – L’albero in duralluminio
    – Il genoa
    – Lo spinnaker in nylon (Endeavour II 1936)
    Quanti tacking duel o strambate si vedevano in una regata con J Class?
    Avessero avuto la possibilità della regolazione elettronica delle vele, secondo te l’avrebbero usata o l’avrebbero rifiutata in nome della purezza della Vera Vela?
    Tutte queste evoluzioni hanno intaccato la vela o la hanno migliorata?
    Io penso che non dovremmo confondere il piacere di andare in barca a vela con il piacere o la passione di regolare un mezzo (a vela, motore, remi, ruote, ali che sia).
    Si rischia di confondere il fine con il mezzo e dimenticarsi il perché di quello che stiamo facendo.
    Se lo sviluppo ci porterà a confrontarci con nuove soluzioni, come vele a kite, foils, DSS, gestione elettronica dell’armo, e se questo mi darà più sicurezza, se mi farà godere di più al timone o allo stick senza preoccuparmi delle regolazioni, lasciando spazio al piacere dell’andare a vela, perché dovrei rifiutarle o considerarle non appropriate?
    p.s. scusa la lunghezza, ma non avevo tempo per scrivere meno

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    • Michele Tognozzi
      January 23, 2017 @ 18:03

      Come in tutte le cose, ci sarebbe anche un giusto mezzo… L’ironia va bene, ma nessuno ha scritto di tornare alle zavorre di pietra o simili, su… Abbiamo scritto che il progresso non si ferma, solo che forse bisognerebbe anche capire che l’elemento umano, per il successo di un evento, resta fondamentale. Vedasi il Vendee Globe, dove il duello tra Le Cleac’h er Thomson ha appassionato milioni di persone. E se si toglie l’elemento umano si rischia di diventare asettici, anche se a 40 nodi. Per cui, va benissimo tutto, a nostro modo di vedere, ma forse una scotta al posto di un bottone up and down sarebbe da mantenere, lì dove tecnicamente possibile. Tutto qua. Saluti e magari non ti dimenticare la firma la prossima volta.

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  2. Nuvola
    January 24, 2017 @ 11:03

    Caro Michele
    grazie della risposta. E innanzitutto 2 scuse: la prima per il doppio post (e uno lo potreste tranquillamente cancellare), però è anche il vostro sito che non fornisce feedback sull’inserimento.
    La seconda che se quanto ho scritto vi ha offeso, non era mia intenzione. Volevo solo un po’ scherzosamente prendere in giro certe esemplificazioni dell’iperconservatorismo che pervade molta parte della vela italiana.
    Riguardo invece la vostra risposta, continuo a non essere d’accordo con quello che scrivete (ma quanti siete a scrivere, che usate il noi? Io sono qui da solo, ma non temo una lotta ìmpari …)
    Perché confrontare le pere con le noci? Tutte e due crescono sugli alberi, hanno buccia, polpa e semi, ma sono profondamente diverse. Più o meno la stessa differenza che passa tra un AC50 e un IMOCA o tra la AC e il Vendée Globe. Si, sono imbarcazioni a vela e vanno sull’acqua, ma la corsa di 2,5 mesi degli IMOCA in solitario intorno al mondo senza assistenza da terra non la trovo paragonabile alle regate da 35’ degli AC45 in equipaggio.
    Piuttosto prendiamo l’unico riferimento disponibile ad oggi: la finale del 2013 a S. Francisco tra ETNZ e OTU con gli AC72. Ai miei occhi sono state le regate più entusiasmanti mai viste. Tattica? C’è n’è stata e molta. Battaglia sulla startline? A iosa. Capacità veliche mostrate dagli equipaggi? Immensa. Regate asettiche? Con gli AC72 volanti??? Mah …
    Per questo io non direi mai che i team di ETNZ o di OTU siano stati meno bravi o meno “velisti” di Le Cleach e Thomson. Senza il loro impegno, la loro capacità, esperienza non avremmo avuto quello spettacolo incredibile.
    I bottoni cambieranno qualcosa? Saranno/saremo meno velisti con un bottone per la regolazione dei foil, considerato quanti già ne abbiamo disponibili sulle barche attualmente sul mercato? Non lo sappiamo ancora. Ma intanto perché privare la vela di un’innovazione solo in nome di un “elemento umano” che serve solo a mascherare la nostalgia per i bei tempi andati di quando eravate giovini o la nostra incapacità ad accettare il cambiamento?

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    • Michele Tognozzi
      January 24, 2017 @ 16:20

      Ciao,
      siamo tutti per l’innovazione e di bottoni ce ne sono moltissimi su tante barche da anni, ormai. Ci pare però (usiamo il noi perché nel giornalismo è regola non usare mai la prima persona singolare, tutto qui…) che l’elemento umano sia a rischio nella moderna AC. A San Francisco 2013, dove c’eravamo, trovammo le regate entusiasmanti e tecniche oltre che tattiche. La tattica c’è, semplicemente è tutto più veloce e questo lo dicono i diretti protagonisti, non FV. Pubblicammo anche un articolo solo sulla “Kostecki call”, un errore tattico che costò il posto a JK e fece salire a bordo Ben Ainslie, uno dei fattori della rimonta.

      Ciò non toglie che proprio la velocità e il vento apparente rendano alla lunga un po’ tutto uguale, anche se a 40 nodi. Il che non è certo poco. E’ sempre vela e al massimo livello, solo che la sensazione è che il fattore umano tenda pian piano (o veloce veloce…) a lasciare il passo alla sola tecnologia, splendida ed entusiasmante ma per definizione alla lunga un po’ asettica. Tutto qui. Alle Bermuda lo spettacolo non mancherà e come FV ci auguriamo che la grande mano di Peter Burling dia una mano ai kiwi… anche se sembra che Sir Ben parta da favorito.

      Su una cosa, invece, credo che la vela possa anche soprassedere… sul paragone con la Formula 1. Bruciare tonnellate di benzina non fa parte del dna della vela, su questo sarai d’accordo e c’è anche chi si sta domandando se tutto il carburante che decine di gommoncioni superpotenti consumano per seguire allenamenti e regate sia poi così ecologico come la vela vorrebbe far credere…

      Un saluto (ma a questo punto sarebbe più bello chiamarti per nome)

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