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America’s Cup: il coraggio dei kiwi e le curiose scelte di Oracle, sabato le sfide decisive

Bermuda– I kiwi stanno battendo Oracle e, per quanto visto sin’ora, con pieno merito. Tra tre giorni, alle 19:12 di sabato 24 giugno, scatteranno race 5, 6 e 7. E sarà lì che scopriremo la verità inappellabile dei fatti. Rimonta o conferma kiwi. Od Oracle sarà risucito a colmare il gap di prestazioni da Aotearoa o la Coppa riprenderà la rotta per Auckland, dove certamente ne trarrà giovamento. Oracle le sta tentando tutte, questo è certo, e sarebbe un grave errore per i kiwi dare la sfida per già decisa. A ben vedere, però, Peter Burling e soci non sembrano correre tale rischio. Appaiono consapevoli delle loro possibilità ma umili, in controllo ma senza quelle pressioni che sembrano attanagliare gli oracliani.

La postura aerodinamica dei ciclisti kiwi su Aotearoa. Foto Pinto

Ma c’è di più, i giovani kiwi (il team si è saputo largamente rinnovare), grazie anche all’aiuto di Luna Rossa, hanno puntato su ciò che in Coppa America conta veramente, ovvero innovare. Avere delle intuizioni che sparigliano il tavolo. Solo quattro anni fa Peter Burling vinceva la Red Bull Youth America’s Cup, dieci mesi fa vinceva l’oro olimpico in 49er, adesso sta portando l’AC50 kiwi con autorevolezza e talento. Spithill, nel confronto, paga pegno e dimostra come al livello dei migliori delle classi olimpiche, classe a cui Burling appartiene, lui non sia mai arrivato, per scelta, visto che gli ingaggi dorati della Coppa ne hanno limitato l’attività a questo ambito.

Al di là di questo è il coraggio e la creatività con cui i neozelandesi hanno affrontato questa campagna che desta ammirazione. Budget ridotto, fino a un anno fa problemi economici, isolamento da soli contro tutti e, quindi, cosa ti fanno i neozelandesi…? Quello che in Oracle non sembrano essere stati capaci di fare, ovvero spremersi le meningi e pensare cosa potesse spingere un AC50 a volare e a farlo al massimo possibile.

Prendiamo l’idea dei pedali per il grinding, che genera l’energia da immagazzinare nella pompa idraulica, potenza che viene poi usata per gestire tutte le regolazioni di bordo. Semplice, tanto che altri ci avevano pensato, visto che le gambe umane generano ben più energia delle braccia. Risolverla in modo efficiente, però, come hanno fatto i neozelandesi era tutt’altro che immediato. E anche qui, la gioventù creativa kiwi, nella persona di Elise Beavis, giovanissimo ingegnere aerodinamico, ha dato il meglio.

E’ stata lei a ottimizzare la posizione dei ciclisti-kiwi, con studi in galleria del vento, fino a produrre quella macchina perfetta che sembra essere l’apparato “energetico” dell’AC50 kiwi. Guardando il capo-grinder-ciclista Simon van Velthooven, quello che sta al primo posto sempre con la testa appoggiata allo scafo, viene da chiedersi cosa pensi il bronzo olimpico 2012 in ciclismo su pista della regata di Coppa, di cui lui vede solo i propri piedi che pompano sui pedali. Invece, proprio quella posizione è stata appositamente studiata dalla nostra Elise, che ha sagomato i sei uomini a bordo in modo da ridurre al massimo la resistenza all’aria (windage). I quattro ciclisti kiwi ricordano gli equipaggi di un bob olimpico o gli stessi ciclisti impegnati in una fuga. Dietro di loro timoniere e trimmer appaiono più bassi, confinati nella sagoma ideale.

Confrontando la loro postura con quella dei grinder tradizionali di Oracle sembra di essere di fronte a due sport diversi. Non solo, l’ironia con cui Spithill e Coutts accolsero a fine inverno l’idea dei pedali kiwi, … non serve… non farà la differenza…, assume ora quasi i toni della beffa. Come è possibile che un team potente come Oracle abbia sottovalutato il problema del windage su barche che hanno un apparente spesso sopra i 40 nodi? Proviamo a salire su un motorino, andare a sessanta all’ora e a mettere una tavola di un metro d’altezza e mezzo di larghezza con un agolo d’incidenza di una ventina di gradi al vento. Quella, in modo assai grossolano, sarebbe la resistenza provocata dai grinder di Oracle.

Il missile kiwi

Avanti… in ordine sparso su Oracle

Sempre a spanne, vediamo come in regata 4 TNZ abbia battuto Oracle di 72 secondi, senza errori tattici o di manovra da parte di entrambi. Solo delta di velocità e di Vmg. Un calcolo grossolano porta a circa 200 kg newton per metro quadrato in più di resistenza per Oracle, il che spiega anche perché Oracle produce una resistenza del 4 per cento in più e risulta all’incirca un 5 per cento più lento di TNZ sull’intero percorso di regata.

Non solo, la miglior postura limita il windage e dà maggior potenza. L’incognita era data dagli spostamenti in manovra, ma, come spiega il team principal kiwi Matteo De Nora in un’approfondita intervista rilasciata a Fabio Pozzo su La Stampa, “C’era un problema di ritardo dello spostamento degli uomini alla pedaliera da un bordo all’altro durante i cambi: alla fine, con molto allenamento, abbiamo abbattuto i tempi. Anche la pedalata è stata studiata. Non si tratta di pedalare e basta, ma di sprigionare potenza in un determinato momento. E, infine, c’era da superare anche un problema di resistenza all’aria. E’ chiaro che gli uomini seduti alla pedaliera erano più alti sullo scafo e offrivano più resistenza dei grinder in ginocchio. Abbiamo studiato le posture (il primo uomo è sempre chino con la testa poggiata sullo scafo) e poi quando abbiamo visto che i grinder degli altri team sarebbero stati in piedi anche questo problema è stato superato”.

E qui ritorniamo alla giovin Elise. La maggior potenza immagazzinata dai kiwi consente di gestire al meglio e in modo più continuo per tutti e venti i minuti di regata le regolazioni. Si nota spesso che gli altri team negli ultimi due lati iniziano ad accusare affanno, mentre i kiwi sono più costanti. Le maggiori regolazioni, è ipotizzabile, potrebbero poi avere consentito di progettare foil più complessi. Il Bat-foil, la deriva ad ala di pipistrello da vento medio-leggero di ETNZL, è radicalmente innovativa e diversa da tutte le altre. Appare ottimizzata per le condioni di vento (da 7 a 12 nodi) prevalenti nel Great Sound in giugno. Oracle, magari sull’influsso di Artemis che strappazzava tutti nei 15 nodi medi delle regate di prova in primavera, avrebbe ottimizzato le sue scelte per un range più alto di vento. Anche questo dettaglio curioso.

Jimmy Spithill e il suo team, magari con l’aiuto (in passato decisivo) di Russell Coutts, dovranno recuperare una trentina di secondi in velocità e una ventina in windage. Appare davvero strano che piattaforme foderate di fairing aerodinamici abbiano poi quattro muscolosi grinder messi di traverso al vento apparente. Non poco per barche che filano dai 20 ai 40 nodi. La storia di Oracle, va detto, non ha mai brillato nel settore design. A Valencia 2007 persero nettamente da Luna Rossa nella semifinale Louis Vuitton. Nel 2010 vinsero la sfida trimarano contro cat, probabilmente perché in Alinghi scartarono l’idea dell’ala. Nel 2013 i kiwi volarono per primi ma si rivelarono troppo presto, fino a portarsi sull’8-1 e solo un radicale cambiamento di mode, ispirato dalle intuizioni di Coutts, produsse quella rimonta che adesso i neozelandesi vogliono vendicare.

Grant Daltron, guru di ETNZL, si complimenta con Peter Burling: diverse generazioni di talento kiwi a confronto. Foto Pinto

C’è ancora molto da regatare nel Great Sound e i giovani e vergini kiwi hanno l’entusiamo dei forti e non sembrano corrotti dai grandi denari di Coppa. Hanno osato e sembra che abbiamo anche imparato a non peccare di presunzione, non vendendo la pelle dell’orso oracliano prima di averlo abbattuto. Non dovremo attendere però molto per scoprire la soluzione di questa storia. Sabato sera, infatti, sapremo probabilmente dove andrà a finire la prossima Coppa America.

E se sarà Auckland sembrano quasi certi i ritorni di Alinghi di Ernesto Bertarelli, che alla Gazzetta dello Sport ha fatto capire di essere pronto a tornare in caso di successo kiwi, e di Luna Rossa, candidata numero uno al ruolo di challenger of record.

 

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