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America’s Cup: la questione catalana, analisi di quanto visto a Vilanova i la Geltrù

Barcellona– La questione catalana interroga, in questi giorni post Vilanova i la Geltrù, appassionati e media velici internazionali. Dopo aver vissuto in prima persona, in acqua e a terra, in banchina e nelle basi dei team, la prima AC Preliminary Regatta di Vilanova, appare utile un’analisi di quanto visto in terra catalana.
Come sarà la 37th America’s Cup? Chi, al momento, appare in vantaggio? Cosa ci si può aspettare da organizzazione e team?

Tom Slingsby festeggia con Paul Goodison sul palco la vittoria di American Magic all’AC Preliminary Regatta di Vilanova i la Geltrù. Foto Carabi/AC

Procediamo per parti, iniziando proprio dall’organizzazione.

 

L’organizzazione
Tutta catalana e legata alla Generalitat (il governo regionale della Catalogna), presente in forze con il president Pere Aragones alla cerimonia d’inaugurazione e con il Conseller Empresa i treball (ministro dell’impresa e del lavoro) Roger Torrent, vero ispiratore della Coppa a Barcellona e punto d’incontro tra imprenditoria catalana e istituzioni amministrative. Quasi impossibile sentire le parole Madrid e Spagna a Vilanova. La Coppa trilingue (catalano, spagnolo e inglese) conferma quanto si sapeva già dei catalani. Dinamici, attenti ai guadagni, senza eccessiva burocrazia. In pochi mesi, settimane nel caso di Vilanova i la Geltrù, si trasforma un porto turistico, si noleggiano cantieri e un Marina per le basi, un ampio ristorante (la Daurada) per Media Center e area Hospitality, si trasforma la viabilità in modo efficiente. Legioni di volontari in maglietta verde danno una mano.

Tutto funziona e l’accoglienza è pari alle attese. In spiaggia due schermi giganti e chiringuitos dove la birra scorre a fiumi. Il campo di regata è appena fuori dal porto, vicinissimo alla spiaggia (anche troppo) e da terra si vede benissimo. Per i più curiosi, basta un binocolo per scorgere anche dettagli tecnici. A terra vigilanza forse un po’ esagerata, neanche fossimo alle Olimpiadi e forse qualche punto di vista in più per il pubblico generalista sarebbe utile. L’AC Village sabato e domenica aveva moltissima gente, la spiaggia era piena.

Grant Dalton gongola e ringrazia la Catalogna. Il capo supremo di ETNZ ha saputo fare accordi economicamente importanti per la difesa dei kiwi, che non hanno problemi di budget.

Tutto lascia prevedere che un viaggio a Barcellona nel settembre-ottobre 2024 sarà ampiamente ripagato. Prenotate, perché ne varrà la pena.

Pubblico sulla spiaggia di Vilanova i la Geltrù

 

Il formato
Le regate di flotta sono avvincenti e peccato che non si sia potuto assistere al match race finale (ci torneremo). La confezione è quella tipica degli eventi corporate e televisivi. Orari predeterminati dalle finestre TV (e non dalle condizioni meteo, come vorrebbe la vela) e dall’esigenza di soddisfare il pubblico degli inviti, dai vip agli ospiti. L’AC37 Hospitality ricalca quanto si vede ai paddock della formula 1 o nei palchi riservati del Bernabeu e simili. La regata deve essere breve e rilanciata su schermi, mentre si parla, si mangiano leccornie o si beve qualcosa di fresco. Idem per il pubblico, che la vive sdraiato in spiaggia o nel Villaggio AC.

Le lunghe attese del vento sono contrarie alle esigenze TV, ma resta da vedere se Eolo sarà d’accordo, visto che da sempre il vento non risponde a comando ma ha le sue logiche. Sarà forse utile scegliere bene queste finestre TV per Barcellona 2024, per non perdere le ore migliori della giornata.

La partenza di race 3. Foto Pinto/AC

Venti minuti di regata, in media. Le sfide uno contro uno con gli ACC di Valencia o Auckland non torneranno. I palpiti nelle boline, con separazioni anche di un miglio, dove si soffriva in attesa di un buono o uno scarso, neanche. Tutto è rapido e da vivere in apnea. La velocità degli AC40, quando volano, quasi non dà il tempo per apprezzare i dettagli e occorre un occhio molto allenato per scorgere aspetti fondamentali. Le immagini sono spesso più veloci del commento e serve quindi una regia attenta per rendere al meglio la regata. Su questo bisognerà migliorare un po’, perché le riprese dall’elicottero sono fondamentali per capire velocità e posizioni, così come la grafica è un aiuto imprescindibile.

Durante la practice race, siamo usciti in acqua sul protector di AC40. Senza lo streaming video, anche per gli addetti ai lavori diventa quasi impossibile capire cosa stia succedendo. Gli AC40 rimbalzano nel rettangolo di regata (solo intuibile dal vivo, senza grafica) come palline in un flipper. Chi vorrà seguire le regate dal mare dovrà quindi avere necessariamente uno smart phone o un tablet collegato.

 

Le barche e il regolamento
Quando il vento c’è e tutto funziona, però, lo spettacolo è superbo. Gli AC40, e ancor più i grandi AC75, fanno spavento. Con 9 nodi di vento reale in poppa, filano 37 nodi, 25-26 in bolina. Il vento apparente è imperativo categorico. Così come il vento sporco diventa un ostacolo quasi insormontabile. “Con queste barche”, ci ha detto Pietro Sibello, attuale coach di Alinghi Red Bull Racing, “diventa anche difficile fare un 360, perché quando passi strambando nella tua aria perturbata puoi cadere dai foil, ecco perché tutti cercavano di salire in bolina per decollare prima della partenza, ma poi bisogna puggiare e se perdi il volo poi ripartire son dolori”.

I limiti di vento diventano quindi fondamentali. Onestamente i 6,5 stabiliti per Vilanova i la Geltrù sono apparsi troppo pochi. Da quanto visto un limite inferiore a 7,5/8 nodi avrebbe più senso. Gli AC40 in dislocamento sono semplicemente improponibili. Arrancano con un drag enorme, causato dai foil trascinati sott’acqua e non hanno più i code 0, perché sarebbero un freno inutile alle velocità target. Oltre gli 8 nodi, lo show c’è e non si tratta di circo, attenzione. Ma di vela in tutta la sua essenza, con i migliori velisti al mondo e la tecnologia hi tech a disposizione. Basta un nodo in più o in meno per variare gli angoli di discesa in modo esponenziale. Così come un errore tattico provoca perdite moltiplicate per cinque.

Luna Rossa in dislocamento. Foto AC

Ma c’è un problema. Le condizioni marginali a Barcellona, ci saranno. Giornate a 7-9 nodi, con la tipica ondina formata dei mari catalani, molto aperti a levante e senza zone ridossate, fanno ampia parte delle statistiche, tanto più a settembre-ottobre. Lo si sapeva e i design team hanno e stanno lavorando in tal senso. Cosa fare quindi? Pensare a foil più grandi per decollare prima e mantenere il volo, sacrificando però molto alle velocità superiori? O rischiare il tutto per tutto puntando sulla velocità e il boat handling degli equipaggi? Come ci ha detto Max Sirena, skipper di Luna Rossa Prada Pirelli, “Sappiamo già che perderemo forse un giorno su tre e per questo occorrerà impiegare al meglio la risorsa fondamentale in Coppa, il tempo, sia prima sia durante l’evento”.

Capitolo regole. La velocità varia anche la rapidità d’interpretazione degli umpire. Il supporto elettronico diventa fondamentale, a rischio però di cambiare proprio lo spirito della regola. Caso emblematico l’incrocio tra Luna Rossa e Orient Express nella fase finale della prima prova. Francesi in poppa mure a sinistra e italiani mure a dritta. Strambata assai ravvicinata dei francesi, protesta italiana e penalità incredibilmente assegnata a Luna Rossa Prada Pirelli. Lo spirito della regola dice che la barca mure a sinistra deve tenersi discosta e quella mure a dritta deve dare all’altra il tempo per farlo.

L’incrocio tra italiani e francesi in race 1, visto dal vivo (sotto) e nella grafica degli umpire (qui sopra). Luna Rossa era mure a dritta e Orient Express stramba davanti. Dal vico sembrava penalità per i francesi, la grafica l’assegna agli italiani, ma restano i dubbi

Ne abbiamo parlato con Marco Mercuriali, preparatissimo rule advisor di Luna Rossa Prada Pirelli: “A velocità reale la penalità per i francesi sembrava scontata, riguardandola con gli umpire sullo schermo, e tenendo conto dei rombi d’esclusione attorno ai monofoil in effetti Luna Rossa entra in quell’area e la penalità c’era”. Da grafica ok, ma da logica mica tanto. La regola dice il contrario di come l’elettronica la fa applicare. Occorreranno delle riflessioni. Anche da parte del Comitato di Regata, che dovrà stare attento ai limiti di vento e a non cadere in errori come quello della partenza non regolare non comunicata a Luna Rossa.

I team
Questa non era la Coppa, che sarà con gli AC75 progettati dai sei team. Gli AC40 one design torneranno a Jeddah e poi alle Youth e Women’s America’s Cup. Ma sono monotipi, dove si può far poco e, come confermatoci da Max Sirena, “Sono più lenti dei prototipi LEQ12”. Chi ha navigato di più sugli AC40 ha avuto i suoi benefici in termini di manovrabilità, ma una regata è sempre una regata e alla fine davanti ci sono sempre i migliori. Per la prima volta, i sei team hanno affrontato vere partenze e la pressione del risultato.

Al momento American Magic ed Emirates Team New Zealand sono sembrati un passo avanti ai rivali. Luna Rossa ha navigato bene a Barcellona e nelle practice race ma poi ha sofferto la pressione della vera regata. Francesco Bruni e Jimmy Spithill hanno subito dichiarato che serviranno “riflessioni e analisi attente, anche per le partenze, nostro punto di forza che qui però non sono state brillanti”.

American Magic

 

Il capitale umano
Alla fine, a Vilanova i la Geltrù sui one design, sono emersi i due team che avevano i timonieri più titolati e vincenti. American Magic poteva contare su Tom Slingsby e Paul Goodison, entrambi Ori olimpici nella classe Laser. ETNZ aveva Peter Burling e Nathan Outteridge, vincitori di ori olimpici in 49er. Vincenti, insomma, e abituati alla pressione assoluta di un’Olimpiade, unico evento paragonabile per tensione e attese a un’America’s Cup.

Anche un AC75 veloce deve poi (per fortuna e almeno per adesso) essere gestito da degli uomini. Avere dei vincenti, freddi ma anche capaci di assumersi dei rischi necessari o per contro di non rischiare inutilmente nel calcolo costi/benefici, fatto in un attimo a 45 nodi, diventa fondamentale.

Tom Slingsby intervistato da Shirley Robertson in Mixed Zone

“Questo è un gioco mentale”, ci ha detto Tom Slingsby a regata vinta. E ha ragione, visto che anche una regata fine a se stessa e senza valore in prospettiva come la AC Preliminary Regatta, alla fine, fa emergere valori e aspetti su cui lavorare. “Questa regata serviva solo per mettere sotto pressione l’equipaggio”, ci aveva detto alla vigilia Max Sirena. Da qui la necessità di analizzare e rimediare gli errori non procurati e qualche incertezza nelle scelte emersa in Luna Rossa. Debriefing che in casa italiana è ovviamente già in corso, immediatamente richiesto anche dal gran capo Patrizio Bertelli, presente nel weekend a Vilanova i la Geltrù con il suo Frers 100 piedi Ulisse. Tra i quattro timonieri (Jimmy Spithill e Francesco Bruni che hanno regatato a Vilanova, Ruggero Tita e Marco Gradoni che li incalzano), Max Sirena e il team ne sceglieranno due.

Queste barche hanno bisogno di energie fresche, di menti rapide, insomma oltre che vincenti bisognerà essere anche il più possibile giovani e dedicati al cento per cento al proprio ruolo.
La grande delusione di Vilanova è stata proprio Sir Ben Ainslie. INEOS Britannia era relegato in fondo alla flotta, il primo a cadere dai foil e il meno veloce. Il suo leader, nonché velista più titolato della storia olimpica, Big Bang Ben, era contorto nella postura e stanco nelle decisioni. Colui che aveva annichilito gli avversari, azzannandoli alla gola in match race che valevano l’Oro olimpico, appariva in Mixed Zone alla stregua dello sconfitto, sorriso forzato e troppe responsabilità. Difficile saltare da un Sail GP vinto a Saint Tropez all’AC Preliminary Regatta, con i ruoli di general manager che decide, e poi riandare a Taranto per un altro Sail GP.

Ben Ainslie sale a bordo del suo AC40 domenica 17 settembre

Anche Ben è umano o, semplicemente, appare che non si possano conciliare ruoli decisionali con quelli di velista nell’attuale America’s Cup. I ruoli omni-comprensivi di Dennis Conner, Paul Cayard, Russell Coutts in passate coppe vincenti sono ormai impossibili. La specializzazione e la necessità di avere la mente libera sugli AC75 lo impediscono.

Lo dimostra proprio American Magic, con Terry Hutchinson sceso dalla barca e centrato esclusivamente nella guida della sfida. “Respiriamo un bel clima, molta gente giovane e nuova, Terry centrato nel ruolo di manager, stiamo vedendo i benefici. Siamo convinti che, con una barca veloce, potremo anche riuscire a battere ETNZ”, ci ha detto Slingsby.

Francesco Bruni intervistato da Fare Vela in Mixed Zone. Foto Delfina Vicente Santiago

Di Luna Rossa Prada Pirelli abbiamo detto. Analisi occorrono e debrief sono in corso. “Per noi l’obiettivo è la Coppa a Barcellona, ogni altro aspetto lo dobbiamo affrontare ma ci vogliamo distrarre”, ha detto chiaramente Max Sirena.

American Magic ed ETNZ hanno impressionato per pulizia di manovre e gestione tattica degli AC40. Quattro timonieri eccelsi e team poderosi. Al momento sono loro sotto i riflettori.

Alinghi Red Bull Racing ha fatto discretamente bene. I dubbi nulla tenuta dell’equipaggio a questo livello persistono, ma l’organizzazione del team affidata a Silvio Arrivabene conferma che il team di Ernesto Bertarelli sarà ostico per tutti.

Detto dei britannici in crisi, restano da fare i complimenti ai francesi di Orient Express. Gli underdog neofiti hanno fatto bene, vincendo anche la prima prova e comunque dimostrando di saper volare in modo efficace, almeno sull’AC40. Certo per loro un AC75 sembra un Everest nautico, ma comunque molto meglio di quanto s’immaginava, anche a livello di presenza mediatica.

L’America’s Cup
Concludiamo proprio con Lei. La Coppa. Sempre lucida e presente nelle varie fasi dell’evento. Icona assoluta dello sport e della tecnologia. Vilanova i la Geltrù ha confermato che, con gli ACC o gli AC75, non c’è nulla di paragonabile a questo livello. Per difficoltà. Prestigio. Interessi collegati. Gli AC75 sono monofoil eccezionali, in tutto e per tutto frutto dell’epoca in cui nascono, così come erano stati il top per i loro anni le Big Boat di fine XIX Secolo, i J Class, i 12 Metri, gli ACC e gli AC72 cat. 173 anni di storia inimitabile.
La 37th America’s Cup, come tutte le precedenti, sarà il massimo, il Trofeo più antico ma anche più difficile da conquistare. Andare a strapparlo ai kiwi, come, dove e quando loro hanno voluto, sarà un’impresa leggendaria per chi eventualmente la compirà.

Il livello tecnologico, sportivo, economico ed umano richiesto è assoluto. Proprio qui sta la sua fama. Il suo prestigio. Non ci sono secondi. Si tocca con mano che siamo al vertice della tensione. E non è un film, ma l’autentica realtà del Trofeo sportivo più ambito che ci sia.

Fare Vela la seguirà nei dettagli. Stay Tuned.

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